Gadolla fa il presidente «fuori sede»

Gadolla fa il presidente «fuori sede»

Cinquecentotré a duecentonovantatré. Gianfranco Gadolla il congresso dei veleni in An, lo ha più che vinto ed è il nuovo segretario provinciale di un partito che si scopre lacerato a due mesi dalle amministrative. Tutto come previsto?
«Direi di sì. Tutti i congressi sono sempre difficili, ma questa volta era come se fosse quasi scontato, c’era in giro una gran voglia di cambiamento nel partito».
E cosa porterà questa voglia di cambiamento, visto che la battaglia è stata sui nomi, non sulle linee poltiche?
«Il futuro comincia domani, oggi ancora è da masticare, da metabolizzare questa vittoria. Erano di fronte due mentalità diverse. Non faremo più una politica per una ristretta cerchia di persone, non la faremo più nella piccola sede, che cambieremo subito. Basta con la politica dei reduci dall’Irak. Il successo di un partito deriva dal coinvolgimento della gente. An non sarà più un partito gestito da una trimurti».
Il Tigullio le ha votato contro, anche se non è bastato a ribaltare il consenso. La Federazione del Levante chiesta da tempo, lei non la farà mai?
«La Federazione provinciale deve essere un coordinamento delle varie autonomie locali. Sui fatti, come sulle candidature locali ha l’obbligo di essere di sostegno alla completa autonomia dei circoli e delle realtà territoriali».
I futuri candidati sindaci li sceglieranno i circoli e non il partito?
«In queste realtà più piccole il candidato sindaco è normalmente espressione delle liste civiche che nascono e lo sostengono e in cui entrano i partiti. In questo caso saranno le Federazioni a stabilire il peso dei partiti nelle liste civiche. Ma l’obiettivo è quello di mantenersi quanto più lontani possibile dalle scelte, di intervenire solo se e quando richiesto. È anche un modo per responsabilizzare per le vittorie e le sconfitte chi vive sul territorio».
E a proposito di scelte. L’ormai vecchia dirigenza aveva individuato quattro nomi forti, quattro candidati autorevoli per le prossime amministrative. Mario Sossi, Francesco Carleo, Rino Genova, Graziella Quattrocchi. Li farà fuori per rompere col passato?
«Questo è un tema delicato. Lo discuterò alla prima riunione, la prossima settimana, con il nuovo direttivo. Certo, sono candidati autorevoli. Ma devo ancora parlarne».
A proposito di direttivo. Lo ha già in mente?
«Cinque sono eletti (Aldo Praticò, Caterina Peragallo, Giuseppe Murolo, Roberto Barotti e Andrea Maggiali, ndr), più altri tre che nominerò io e sono Francesco Marenco, Milena Pizzolo ed Elpidio Harasin. Tre sono gli eletti della lista di minoranza (Alfio Barbagallo, Gian Nicola Amoretti, Agostino Bozzo, ndr), più il coordinatore di Azione Giovani, più altri 3 da scegliere. Ma la prima riunione che convocherò per venerdì intendo allargarla a tutti i presidenti di circolo».
Chi sarà il vice presidente?
«Una personalità di lunga esperienza politica, introdotta in molti ambienti».
Bornacin, Plinio, Bozzo. Dalla parte degli «sconfitti» ci sono tutte figure ben volute dalla gente, che hanno sempre fatto il pieno di voti.
«Primo: Giorgio Bornacin non si è mai “contato”, è sempre stato eletto senatore o deputato in collegi blindati. Secondo: Agostino Bozzo non si è mai contato, è sempre stato eletto in Provincia in un collegio sicuro e quando si è contato, al Comune di Camogli, ha perso. Terzo: Gianni Plinio. Da lui sono lontano mille miglia per mentalità, storia, cultura, ma è l’unico che ha sempre fatto politica, si è sempre mosso, spesso bene. Poi ha perso qualcosa, un po’ falcidiato anche lui dalla lista Biasotti, un po’ dal trend e da qualche errore nella gestione in Regione. Ma come politico ha sempre fatto molto».
Già, il trend. Alle ultime elezioni An qui ha preso pochino, anche sulla scia nazionale.

Ora si annunciano tempi migliori, derivati anche da un andamento nazionale.
Potrà dire di aver fatto meglio della vecchia gestione?
«Beh, anche perché sarà difficile fare peggio».
In An, l’«Alleanza» sembra di troppo.

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