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Gaffe di Kerry sull’Irak ed è scontro con Bush

Giuseppe De Bellis

nostro inviato a New York

La sorpresa d’ottobre è arrivata l’ultimo giorno. Risse e scontri. Botte, accuse, sospetti, insinuazioni. Il senatore democratico John Kerry contro George Bush, come nel 2004. La polemica adesso è di quelle che possono cambiare le carte della partita elettorale del 7 novembre. L’ex sfidante alla Casa Bianca è entrato nella campagna di metà mandato per smontare il presidente. Ha parlato dalla California: «Ragazzi, parlo a voi giovani. Dovete studiare e fare il vostro dovere, perché chi non studia finisce incastrato in Irak». I repubblicani non aspettavano che un passo falso dei democratici per rimettersi in carreggiata. Questo potrebbe esserlo, perché quella frase è rimbalzata su tutte le tv ed è tornata indietro più pesante.
In un Paese che quotidianamente aggiorna il numero dei militari caduti è suonata come un insulto, un cattivo esempio di un senatore che non appoggia i patrioti. Il presidente Bush ha ribaltato l’ex sfidante: «Si deve vergognare. Deve chiedere scusa alle famiglie dei soldati che combattono per la nostra libertà». Applausi per lui, fischi per Kerry. I network cominciano subito a chiedersi da che parte stia. Il tono si alza, il dibattito diventa scontro. Kerry ha tentato la contro-replica: «Frase distorta, volevo dire che questa amministrazione non riesce a difendere neppure i suoi marines». Ha provato anche un altro colpo a effetto. L’aveva già tentato due anni fa: «Certe cose non le capiscono solo Bush e Cheney che guarda caso non sono mai stati al fronte. Sono degli imboscati».
Troppo tardi. Prima che l’ex candidato alla Casa Bianca cercasse di spiegarsi, i repubblicani erano già partiti all’assalto e molti democratici avevano preso le distanze dalle sue frasi. Harold Ford Jr, in corsa per il seggio senatoriale in Tennessee, gli ha chiesto di scusarsi. Bob Casey Jr, futuro senatore della Pennsylvania ha fatto di più: non farà il comizio a due con lui. Kerry aveva già perso la presidenza così: non aveva un’idea di politica estera, non sapeva che cosa fare in Irak. I repubblicani l’hanno massacrato. Adesso che deve fare campagna per gli altri e non per se stesso, ha provato a rimettere in pista la questione irachena. Così Bagdad nel caos è tornata il tema del dibattito, però è tornato male: con pochi contenuti e molta foga.
Allora ecco servita la zuffa politica: i liberal duri e puri accusano i repubblicani di un «complotto di destra» per far cadere nel tranello Kerry, i conservatori si presentano con il volto accigliato del capogruppo al Senato Jim Bohener: «Picchieremo Kerry a morte, fino a quando non si scuserà». Senza arrivare a tanto, si è innervosito anche John McCain, senatore come il nuovo Jfk, veterano del Vietnam e spesso critico con Bush: «Ha sbagliato, deve rimediare». E Kerry alla fine l’ha fatto: «È stata una battuta scherzosa. Una battuta della quale naturalmente mi scuso. Le mie parole non erano certo rivolte ai soldati, tanto meno ai loro familiari o ad altri cittadini americani. La mia critica era rivolta unicamente a Bush».
Anche in questo caso troppo tardi. Perché la gaffe c'è e rimane. Come quella di Charles Ranger, deputato democratico, con il vicepresidente Cheney. Stavola niente Irak, ma le tasse. Cheney aveva detto: «Se vincono i democratici aumenteranno la pressione fiscale sui cittadini perché Charlie non capisce niente di economia». Rangel ha visto rosso: «Cheney è un figlio di puttana. Deve andare in riabilitazione per deficit di personalità». Il deputato democratico si è scusato: «Avrei potuto usare parole diverse». Niente da fare: la Casa Bianca aveva già parlato attraverso il portavoce Tony Snow: «I democratici, a quanto pare, hanno un problema di gestione della rabbia».
Qualcuno ne hanno anche i repubblicani, se è vero che in Virginia la rissa è diventata fisica. Gli uomini dello staff del senatore George Allen hanno picchiato un intervistatore troppo insolente: «Scusi senatore, ha mai sputato in faccia a sua moglie?». Neppure il tempo di finire la frase che era già con la faccia contro un vetro, scaraventato di peso fuori dal cordone di giornalisti che seguivano il candidato. Nel gioco delle risse c’è anche Barbra Streisand. La cantante ha voluto far capire a Bush che lei sta sempre dalla stessa parte. Cioè da quella democratica. Per la terza volta, la Streisand si è esibita su un palco prendendo in giro l’inquilino della Casa Bianca. Stavolta, in Florida, il mini-show era un duetto con un imitatore del presidente. Per cinque minuti sono andati avanti a sbeffeggiare Bush, fino a quando uno spettatore non si è innervosito: ha lanciato addosso alla star un bicchiere di carta pieno. Ha mancato il bersaglio.

Ma la parodia è finita.

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