Gandus, crociata no global contro il «furore» della polizia

Milano «Furore investigativo», «eccessi», «accanimento». Giudizi pesanti che piovono sulla questura di Milano in una sentenza depositata due giorni fa. A strigliare i vertici della polizia milanese è un magistrato assai noto: Nicoletta Gandus, presidente del tribunale che ha processato per corruzione l’avvocato inglese David Mills e - fin quando non è uscito di scena per l’entrata in vigore del Lodo Alfano - il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. È il giudice che il Cavaliere cercò invano di ricusare a causa della sua militanza a sinistra, della sua partecipazione ai forum no-global, della sua «dichiarata inimicizia» verso il premier e il suo partito. Dopo l’uscita di scena di Berlusconi, la Gandus condannò il solo Mills a quattro anni e mezzo di carcere: facendo, nelle motivazioni, considerazioni pesanti sul ruolo svolto dal presidente del Consiglio.
Subito dopo la chiusura del processo a Mills, alla dottoressa Gandus è stato assegnato un altro dibattimento delicato: il processo a un folto gruppo di agenti della Volante, accusati di avere creato all’interno del reparto una banda specializzata in furti, spaccio di droga, violenze.
A condurre le indagini che portarono alla scoperta della «cellula» deviata fu la stessa polizia milanese. Ma la sentenza Gandus ha confermato solo in parte le accuse mosse dai poliziotti ai loro colleghi. L’associazione a delinquere che - secondo l’accusa - aveva reclutato quasi per intero un turno di servizio viene ridimensionata: a farne parte erano solo tre poliziotti, che vengono condannati a pene severe. Ma molti agenti vengono assolti, altri condannati solo per singoli episodi. Per l’ispettore Patrizia Casula, la più alta in grado degli imputati, resta solo una piccola pena per avere accettato in regalo delle borse contraffatte. Ma viene assolta da tutte le altre accuse. Ed è proprio sul ruolo dell’ispettore Casula che il giudice Gandus muove le accuse più pesanti alla Questura.
I poliziotti corrotti, scrive la sentenza, approfittavano della possibilità concessa dai capi di scegliersi da soli il proprio compagno: «Era tutt’altro che difficile sfruttare le possibilità date dall’istituzione per deviarle agli scopi dell'associazione illecita e al compimento di reati, trasmettendosi l’un l’altro il senso dell’impunità derivante dalla divisa \ I vertici della polizia di Stato con tutta evidenza non avevano potuto o saputo prevenire i reati di cui al presente procedimento, ma hanno poi svolto una intensissima attività di indagine». Ed è qui che la polizia avrebbe esagerato: prendendo provvedimenti disciplinari «finanche sbrigativi e sommari», abbandonandosi a «quello che potremmo chiamare il furore investigativo della Questura, che troppe mele marce in un colpo solo vedeva all’interno di un corpo sano, e che ha determinato anche qualche eccesso». Come le telefonate private della poliziotta Casula, intercettate e trascritte anche quando riguardavano argomenti «evidentemente solo personali».

Il tutto per incastrare una poliziotta di cui la Gandus sottolinea «l’attaccamento al lavoro, la sostanziale incapacità di rimanere indifferente anche ad uno solo dei suoi uomini, la ragione di vita che per lei la Centrale costituiva».

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