Con Garbarek è grande Jazz

Una folgorazione è quello che ha avuto a quattordici anni appena compiuti Jan Garbarek al primo ascolto, occasionale, del grande sassofonista John Coltrane.
Proprio questo è accaduto nel 1961 quando, su una frequenza di una radio di Stato norvegese, il giovanissimo Garbarek incappò per la prima volta nei torrenziali «sheets of sound», lenzuoli di suono, del jazzista americano.
Una illuminazione per una precoce presa di coscienza della propria strada per Jan Garbarek, oggi fra i maggiori sassofonisti al mondo, che questa sera suona nella Cavea dell’Auditorium all’interno di «Metasax», la rassegna anteprima del 31° Roma Jazz Festival, inglobata per l’occasione dentro gli spazi di «Luglio Suona Bene».
Dopo il magnifico triduo della Complete Masada di John Zorn, in esclusiva a Roma, e gli Yellowjackets arriva, dunque, per questa rassegna dedicata ai giganti mondiali del sax, il musicista norvegese più americano della storia del jazz.
Il giorno dopo la folgorazione con Coltrane, il giovane Jan, nato a Oslo nel 1947, si precipitò nel negozio sotto casa a comprare un manuale di istruzioni per l’uso del sassofono, con tanto di figurine che illustravano l’esatta postura sui tasti dello strumento. Quando potè permettersi di comprarne uno reale, un Selmer d’annata, del sassofono sapeva già tutto. E di quel che avrebbe fatto da grande, ancora di più. Sarebbe diventato un jazzista, un improvvisatore pirotecnico, sulla scia del numero uno in assoluto John Coltrane, ovviamente, e di quella che lui da sempre chiama la «santissima trinità del jazz», ovvero Albert Ayler, Pharoah Sanders e Archie Shepp.
Oggi, il sessantenne Jan Garbarek è una icona per gli appassionati di questo tipo di musica, e rappresenta una delle voci più influenti e originali del jazz contemporaneo, un musicista che ha contribuito alla formazione della nuova via europea del jazz.
Il mito di Garbarek e della sua musica evocativa si può racchiudere nel riverbero di una nota che decade subito dopo essere stata emessa.
«Afric Pepperbird» è il titolo dell’album che nel lontano 1970 proietta il giovane sassofonista e compositore norvegese nel panorama internazionale assieme ai membri della sua band.
Da allora ha collaborato con i più grandi nomi del jazz internazionale mantenendosi sempre fedele alla sua estetica: Keith Jarrett, Charlie Haden, Bobo Stenson, Egberto Gismonti, Hilliard Ensemble.


Questa sera sul palco della Cavea dell’Auditorium con Jan Garbarek saliranno Marilyn Mazur alle percussioni, Rainer Bruminghaus alle tastiere e Eberhard Weber al basso, un quartetto tra quelli che emozionano maggiormente nell’attuale panorama jazz.

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