Cultura e Spettacoli

Gassman, il "fantasma dell’opera" veneta

Gassman, il "fantasma dell’opera" veneta

È tra i firmatari del taze-bao contro il premier Berlusconi, colpevole di non aver risposto alle dieci domande capestro di Repubblica. E, paradossi della politica, è diventato direttore di uno dei pochi Teatri Stabili italiani su cui il centrosinistra non aveva ancora messo le mani, quello Veneto, fino a pochi giorni fa guidato da Luca De Fusco, in quota a Forza Italia.

Alessandro Gassman, progressista liberale, dirigerà i teatri Goldoni di Venezia, Verdi di Padova e Olimpico di Vicenza, a distanza. Nel senso che un attore e regista impegnatissimo qual è il figlio del grande Vittorio, non potendo garantire la propria presenza, gestirà l'attività dello Stabile da lontano. Lo ha detto senza mezzi termini il presidente del cda Laura Barbiani, rappresentante nel cda della Regione Veneto del governatore Giancarlo Galan. Il quale, attraverso il suo potente portavoce Franco Miracco, aveva fatto sapere che dopo due mandati per complessivi dieci anni del napoletano De Fusco era ora di voltare pagina. De Fusco l'ha presa malissimo perché, forte di risultati positivi, sperava in una riconferma. Ma pare l'abbia presa ancora peggio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta, amico e sponsor di De Fusco. Facile immaginare anche la delusione di Gabriele Lavia, che era tra i più papabili alla successione e dello stesso Lino Toffolo, che non avrebbe disatteso le aspettative di quanti sostenevano la necessità di un teatro decisamente più veneto e veneziano. Ergo, molti a Venezia e nel Veneto si chiedono: che c'entra con il Teatro Stabile del Veneto un romano de Roma per giunta impossibilitato a frequentare laguna e terraferma? Almeno, ha fatto sapere De Luca, io vivevo a Venezia dove mi ero trasferito con tutta la famiglia.

Ovviamente questa bomba ha dato la stura a mille dietrologie. Tra queste quella di una scelta anomala per mandare un messaggio a Roma, in particolare a quanti, in vista delle Regionali del 2010, vedrebbero con favore il passaggio della presidenza della Regione Veneta alla Lega. Letta, per evitare strappi con il Carroccio, avrebbe suggerito a Berlusconi di accontentare Bossi che vorrebbe, se non la Lombardia, almeno il Veneto. Scegliendo l'outsider Gassman il governatore fa sapere che certe decisioni spettano ancora al Veneto e non agli inquilini dei Palazzi della capitale. E c'è chi addirittura parla di divergenze di corrente: Miracco, forzista laico, non gradirebbe la matrice democristiana di De Fusco. Un'altra spiegazione sarebbe quella dell'ingombranza dell'ormai ex direttore, accusato di aver speso troppe risorse soprattutto per portare il teatro in giro per l'Europa, di non aver intrattenuto più solidi rapporti con il territorio e di non aver fatto maggiore sperimentazione restando troppo ancorato alla tradizione. Dal canto suo De Fusco risponde di avere fatto aumentare costantemente il pubblico nei suoi due lustri, salvo il calo dell'ultimo anno dovuto alla crisi e a una città come Venezia che continua a perdere mille residenti l'anno (si è quasi sotto la soglia dei 60mila). E circa la sperimentazione chiede come sia possibile pretenderla con una platea composta al 90% da anziani.

Secondo altre fonti la nomina di Gassman a direttore artistico, carica non prevista nello statuto dei Teatri Stabili, avrebbe due obiettivi: esibire un nome di sicuro richiamo ma nel contempo disporre di ampi margini di manovra amministrativi che prima erano preclusi da un top manager teatrale plenipotenziario e accentratore. Il giovane Gassman altro non farebbe che lo specchietto per le allodole. Una «firma» con le mani consapevolmente legate ben disposto, fatto il cartellone, a lasciar gestire il teatro ad altri.

Qualcuno, al termine della baruffa chiozzotta sul Canal Grande, ha già ribattezzato il prevedibilmente assente Gassman «fantasma dell'opera».

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