Gattuso e Berlusconi convocati: è il piano anti Juve di Ancelotti

nostro inviato a Milanello

Buon segno: ha sempre voglia di sorridere Carletto Ancelotti. «Chiamatemi sir» detta al cronista che lo interroga con la premessa educata, «scusi signor Ancelotti» con cui si inaugura al solito la chiacchierata del sabato rossonero. Sembra l’omaggio riservato a un paio di inviati di giornali inglesi che lo “tampinano” da settimane senza raccogliere alcun cedimento e invece è l’irresistibile vocazione a rendere tutto molto leggero. Come si deve, visto che stiamo parlando di calcio e di una sfida sia pure prestigiosa e ricca di trofei e di storia come il prossimo Milan-Juve, con Silvio Berlusconi in tribuna («dovrete consentirmi due ore di imparzialità» la frase ritagliata nel corso di un intervento telefonico a sostegno del candidato Pdl Bonsignore del Piemonte) e il ritorno di Rino Gattuso in panchina, 5 mesi dopo l’intervento di ricucitura ai legamenti del ginocchio («un premio al suo duro lavoro» spiega il tecnico).
Così, nei passaggi successivi del suo sermone, è possibile cogliere la concreta differenza tra la propria condizione di allenatore discusso (in passato) e (adesso) molto corteggiato e quella di Claudio Ranieri, un tempo rispettato come un santone e ora trattato al pari di una colf dal rendimento scadente. «L’unica differenza tra Milan e Juve è rappresentata dal momento: noi col vento in poppa, loro in difficoltà, non vincono da 45 giorni» è la chiosa molto onesta oltre che lucida di Carlo Ancelotti, incapace di ritagliarsi meriti che non gli appartengono, se non il rendimento nel girone di ritorno, 33 punti contro i 34 dell’armata nerazzurra («farò i complimenti a Mourinho in caso di scudetto») e il recupero di una soddisfacente condizione fisica, Kakà a parte.
E allora il vero solco che divide il Milan dalla Juve in questo momento, oltre alla solidarietà sincera nei confronti di Ranieri («ha fatto quel che doveva, nei suoi confronti c’è stata una campagna mediatica eccessiva»), è scavato dal comportamento del rispettivo management. Galliani corteggia Ancelotti come farebbe con una velina, lo staff bianconero patisce gli umori e la depressione della piazza bianconera verso Ranieri. «Non credo salti in caso di sconfitta, ha pagato l’uscita dalla Champions League, in questi casi è decisivo il comportamento della società», puntualizza Carletto che vive appunto una condizione speciale. Da sopportato in casa si ritrova, anche per mancanza di concorrenti (il no di Leonardo a cambiar mestiere, gli ostacoli per liberare Allegri legato al Cagliari), lanciato verso il record di Rocco e l’ottava stagione consecutiva sulla panchina milanista senza avvertire alcun imbarazzo nei confronti del Chelsea che lo aspetta a Londra ai primi di giugno dando per scontato il trasferimento. «In quella data sarò in Puglia a ritirare un premio, e non dovrò fare alcuna telefonata per giustificare il ritardo» la chiosa per ricacciare in gola ogni equivoco.


Perciò Ancelotti e il Milan si godono il momento spensierato, preparano la sfida con la Juve (non la battono a San Siro dall’ottobre del 2005), tentano ufficialmente Maldini («ho detto al capitano di ripensare all’addio» la frase di Galliani) e si tengono stretto Kakà seconda punta (Pato aspetta). Recuperato Beckham, l’unico interrogativo è Dida.

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