Dwight Eisenhower è il presidente di Happy days. È la sua foto che campeggia metaforicamente e non solo sopra le teste e negli occhi dei protagonisti della fortunata serie televisiva di Fonzie e Richie Cunningham. Perché quelli erano i giorni felici dell'America: gli anni Cinquanta e l'inizio dei Sessanta, cioè l'era del doppio mandato del presidente generale, del popolare soldato che aveva sconfitto Hitler e aveva dato serenità agli Stati Uniti.
Lasciate stare chi sostiene che la presidenza Eisenhower si macchiò di una presunta connivenza col maccartismo. Lasciate stare per due motivi: il primo è che non è vero, il secondo è che il maccartismo fu una parentesi che non minò lo stato di grazia in cui vissero gli Stati Uniti durante gli anni Cinquanta. Era un Paese felice che aveva smesso di piangere i suoi migliaia di morti in guerra e veleggiava verso il benessere più alto. Quello che l'Europa avrebbe vissuto un decennio più tardi con il boom, gli americani lo vissero negli anni di Eisenhower che tutti, ma proprio tutti, chiamavano con il soprannome «Ike».
È stato l'erede del Novecento dei grandi militari americani diventati poi comandanti in capo, cioè presidenti. Discendente diretto, in questo, di Washington e di Ulysses Grant. Era considerato un grande condottiero. In realtà la sua fama di militare arrivò in età matura. Gli inizi non erano stati un granché: aveva studiato alla prestigiosa Accademia di West Point. Ne era uscito bene, con buoni voti, sufficienti a farlo inserire nel quadro degli istruttori. Così alla vigilia dell'ingresso degli Stati Uniti nella prima guerra mondiale, Eisenhower ebbe l'incarico di addestrare le giovani reclute che venivano spedite sul fronte africano ed europeo. Lui, invece, non partecipò direttamente alla missione.
Non ci sono grandi tracce della sua vita fino al 1941, quando da colonnello fu nominato generale. All'ingresso americano nella seconda guerra mondiale, Ike fu messo a capo della spedizione delle forze armate Usa che avrebbero preso parte alla campagna nel Mediterraneo: guidò prima l'avanzata dall'Africa, poi lo sbarco in Sicilia, poi lo sbarco in Italia dalla Calabria e dalla Campania. Fu lui a firmare l'armistizio segreto di Cassibile. Liberò l'Italia, quindi. E subito dopo fu convocato dal presidente Roosevelt per essere assegnato a un altro fronte, quello della Normandia. Fu Eisenhower, quindi, a dare il via alla campagna che poi mise fine alla guerra in Europa.
Rientrato in America fu presto definito dalla stampa l'uomo che aveva «sconfitto Hitler». Visse anni di grande popolarità culminati nella proposta, da una parte del partito repubblicano, della candidatura a presidente nelle elezioni del 1952. Vinse le primarie, poi le presidenziali e raccontò all'America la storia del presidente meno politico del Novecento: confessò di non aver mai votato prima di essere stato eletto e confessò anche di parlare mal volentieri di politica. Nonostante ciò è considerato un ottimo presidente. Il giudizio è determinato dal lungo periodo di felicità vissuto dall'America in coincidenza con la sua presidenza. Esplose il benessere di massa, aumentarono i consumi, cominciò la diffusione dei mezzi di informazione nuovi, a cominciare dalla tv. Lui e il suo gabinetto contribuirono. Pur essendo un alfiere del liberismo, Eisenhower fu autore di un New Deal suo, molto meno pubblicizzato di quello di Roosevelt, ma i cui effetti furono forse più evidenti alla massa: fu lui ad ampliare il welfare, estendendo la Social Security, aumentò la paga minima e creò il Dipartimento della Sanità, dell'Istruzione e del Welfare. Non solo: la sua presidenza è stata quella che ha dato più impulso pubblico alla costruzione della rete di infrastrutture americane che ancora oggi conosciamo: suoi gli interventi per creare i primi quartieri di case popolari in tutta America; suo l'intervento per ampliare la rete viaria grazie alla creazione di 60mila chilometri di Interstate Highway. Questo favorì la comunicazione in un Paese enorme e soprattutto fu un grande stimolo per l'economia.
Nonostante fosse un militare e fosse convinto che il pericolo rappresentato dall'Unione Sovietica fosse concreto, il presidente Ike è considerato il primo campione della lotta agli armamenti. La questione è un po' contraddittoria: Eisenhower sostenne la corsa, ma poi pronunciò un celebre discorso che sembrava dire l'opposto. «Ogni ordigno prodotto, ogni nave da guerra varata, ogni missile lanciato significa, infine, un furto ai danni di coloro che sono affamati e non sono nutriti, di coloro che sono nudi e hanno freddo. Questo mondo in armi non sta solo spendendo denaro. Sta spendendo il sudore dei suoi operai, il genio dei suoi scienziati, le speranze dei suoi giovani».
Le critiche alla sua amministrazione sono arrivate a mandato concluso: i suoi detrattori lo accusano di due cose. La prima è di non aver preso le distanze dalla campagna del Senatore Joe McCarthy ossessionato dalla presenza di spie sovietiche nell'amministrazione pubblica e nel mondo dello spettacolo. Gli storici sostengono all'unanimità che Eisenhower non era assolutamente d'accordo con i sistemi della commissione McCarthy, ma ciononostante la critica rinfaccia all'allora presidente di aver fatto una volta un comizio con McCarthy in Wisconsin, lo stato del Senatore. L'altra critica, invece, riguarda l'aver fatto poco contro la segregazione razziale.
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