Economia

A gennaio la Fiat abbandona la Confindustria L'ira di Emma: "La decisione non sta in piedi"

Marchionne scrive alla Marcegaglia. Dal primo gennaio del 2012 Fiat uscirà dalla Confindustria: "Non escludiamo collaborazioni". Il presidente degli industriali Emma Marcegaglia: "Rispettiamo la decisione di Marchionne ma non ne condividiamo le motivazioni tecniche"

A gennaio la Fiat abbandona la Confindustria 
L'ira di Emma: "La decisione non sta in piedi"

Lo aveva già annunciato. Ora c'è una data. L'amministratore delegato del Lingotto, Sergio Marchionne, scrive una lettera alla numero uno degli industriali, Emma Marcegaglia, per farle sapere che a partire dal primo gennaio del 2012 Fiat Sopa e Fiat industrial usciranno da Confindustria. "E' un addio ufficiale e non un arrivederci - ha detto Marchionne - non facciamo entrate uscite". Secca la risposta della Confindustria che ha preso atto delle decisioni della Fiat "pur non condividendone le ragioni, anche sotto il profilo tecnico-giuridico".

Due lettere, identiche, per dare l'addio all'associazione degli industriali. Una per Fiat, l'altra per Industrial. Secondo Marchionne, dopo "anni di immobilismo", in Italia sono state prese "due importanti decisioni con l’obiettivo di creare le condizioni per il rilancio del sistema economico": l’accordo interconfederale del 28 giugno, di cui Confindustria è stata promotrice, e l’approvazione da parte del parlamento di quell'articolo 8 contenuto nella manovra e che prevede diversi strumenti di flessibilità oltre all’estensione della validità dell'accordo interconfederale a intese raggiunte prima del 28 giugno.

Sin dal primo momento, i vertici del Lingotto hanno approvato entrambi i provvedimenti. Lo stesso Marchionne aveva spiegato a governo, industriali e parti sociali che le misure prese avrebbero risolto "molti punti nodali nei rapporti sindacali garantendo le certezze necessarie per lo sviluppo economico del nostro Paese". Insomma, si stava configurando "un nuovo quadro di riferimento" che, "in un momento di particolare difficoltà dell’economia mondiale, avrebbe permesso a tutte le imprese italiane di affrontare la competizione internazionale in condizioni meno sfavorevoli rispetto a quelle dei concorrenti". Tuttavia, la firma dell’accordo interconfederale del 21 settembre ha dato il via a un acceso dibattito. Molte sigle hanno, infatti, fatto sapere che non avrebbero applicato gli accordi nella prassi quotidiana ridimensionando così le aspettative sull’efficacia dell'articolo 8. Per Marchionne c'è, dunque, il rischio concreto di "snaturare l’impianto previsto dalla nuova legge e di limitare fortemente la flessibilità gestionale".

Nella lettera alla Marcegaglia, l'amministratore delegato del gruppo torinese ha, poi, ricordato che la Fiat è "impegnata nella costruzione di un grande gruppo internazionale con 181 stabilimenti in trenta paesi" e "non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze che la allontanano dalle condizioni esistenti in tutto il mondo industrializzato". Proprio per queste ragioni, Marchionne ha confermato quanto già preannunciato nella lettera del 30 giugno scorso. E cioè che Fiat e Fiat Industrial usciranno dalla Confindustria con effetto dal 1 gennaio 2012. Tuttavia, Marchionne fa sapere che il gruppo sta valutando la possibilità di collaborare, in forme da concordare, con alcune organizzazioni territoriali di Confindustria. "Utilizzeremo la libertà di azione applicando in modo rigoroso le nuove disposizioni legislative - ha continuato Marchionne - i rapporti con i nostri dipendenti e con le Organizzazioni sindacali saranno gestiti senza toccare alcun diritto dei lavoratori, nel pieno rispetto dei reciproci ruoli, come previsto dalle intese già raggiunte per Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco".

Una decisione importante che arriva in un momento di forti contrasti con le parti sociali. Tuttavia, alla rottura con la Confindustria Marchionne fa seguire il rafforzamento dell'impegno su Mirafiori. Sar, infatti, a Torino che la Fiat produrrà un suv a marchio jeep. Il gruppo produrrà all’inizio del 2013, nello stabilimento di Pratola Serra (in provincia Avellino), un nuovo motore benzina turbo a iniezione diretta per l’Alfa Romeo. Insomma, una conferma che il sistema Italia funziona molto bene e sul quale Marchionne intende investire ancora. Proprio per questo i sindacati non hanno voluto commentare la presa di posizione di Marchionne. "E' una questione che attiene ai rapporti tra l’azienda automobilistica e l’associazione imprenditoriale - ha commentato il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti - i sindacati non possono avere, più di tanto, voce in capitolo". Stessa linea anche del segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni: "La Fiat è libera di stare o non stare in una associazione imprenditoriale, però non può dire che esce perchè è stato depotenziato l’accordo interconfederale del 28 giugno".

A stretto giro di posta risponde il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia: "Da un punto di vista tecnico questo tipo di motivazione non sta in piedi. Marchionne dice che la sottoscrizione dell’accordo interconfederale del 28 giugno avrebbe depotenziato l’articolo 8: questo non è vero - ha spiegato la Marcegaglia - e io ho tre pareri dei più importanti giuslavoristi italiani, il professor Ichino, il professor Maresca e il professor Dell’Aringa, che dicono esattamente il contrario e cioè che la sottoscrizione definitiva dell’accordo del 28 giugno non mina minimamente la portata e l’efficacia dell’articolo 8, anzi in un certo senso lo rafforza.

Quindi questo tipo di motivazione non sta in piedi dal punto di vista tecnico".

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