Genova, indagini anche in Provincia

da Genova
Sembra un pozzo senza fondo, una piovra dai tentacoli infiniti questa tangentopoli al pesto, con ramificazioni continue che fanno emergere nell’inchiesta di Genova, filoni sempre nuovi. Da una parte c’è uno dei cinque finiti in manette, l’imprenditore Roberto Alessio, che ammette di aver dato soldi al portavoce del sindaco, Stefano Francesca, lui pure in carcere, per la campagna elettorale del sindaco Marta Vincenzi, aggiungendo però che i membri del «comitato d’affari» avrebbero tenuto per sé i fondi. Dall’altra parte l’inchiesta sembra allargarsi alla Provincia. Dalle intercettazioni emergono infatti «voti di scambio» che avrebbero agevolato la vittoria del presidente Alessandro Repetto, ex Margherita ora Pd. Fu una vittoria sudata al ballottaggio quella di Repetto (contro la candidata del centrodestra Renata Oliveri), per la cui elezione sembra si sia mosso, nella speranza di ottenere un assessorato in cambio, Salvatore Ottavio Cosma esponente dell’Udeur che, da quanto emergerebbe dalle intercettazioni raccolte, avrebbe tentato contatti con l’imprenditore calabrese Gino Mamone, proprietario di Eco.Ge, proponendogli in cambio di aiuto un appalto per la costruzione di un parcheggio in riviera. Questo fa il paio con un’altra serie di intercettazioni raccolte in telefonate e colloqui tra Massimo Casagrande e Claudio Fedrazzoni, ex consiglieri comunali ds, che sembrano aver lavorato per creare una fitta rete di relazioni tra imprenditoria e politica, coinvolgendo l’imprenditore delle carni Roberto Alessio.
In un noto ristorante genovese Casagrande, Fedrazzoni e gli allora consulenti della campagna elettorale della Vincenzi, Morettini e Francesca, si incontrano con Alessio. È il 17 maggio, cioè dieci giorni prima delle elezioni amministrative. Alessio, in cambio di futuri appalti, dice: «Io ho solo bisogno della causali... cioè bisogna trovare un accordo con quelli che... o fa la convention o vuole i volantini. (...) Per voi la cifra non sarà importante, per noi lo è». Nelle intercettazioni finisce anche il nome di Domenico Crupi, all’epoca direttore della Sanità in Regione Liguria. Fedrazzoni lo considera «inaffidabile», e parlando con Alessio dice: «Se l’è fatta un’assicurazione sulla vita? Perché se va avanti così... ». E ritorna il nome dell’ex assessore allo Sport Paolo Striano, anche lui ex Margherita e uomo di punta dell’allora segretario regionale del partito di Rutelli, Rosario Monteleone, ora Udc. «Striano si piazza all’assessorato ma io sono il consulente omnicomprensivo», dice Casagrande in una conversazione con una segretaria del Comune: «Qualsiasi cosa deve fare chiama me chiama... l’ho fatto votare da tutti... perché Striano, diciamo, mi deve tanto a me... ». Alla replica della segreteria comunale: «Oh belin, stai diventando mafioso pure tu», Casagrande risponde: «Mafioso, mafioso, mafioso eh... proprio, sono come dire ormai corrente Monteleone».
Ma i nomi di esponenti dell’allora Margherita compaiono anche in altri verbali.

Come quello di Paolo Veardo, attuale assessore con delega alla Scuole, che l’imprenditore della carni Alessio vorrebbe contattare: «Passaggi ne abbiamo fatti... cioè lui sa come si chiama la ditta che è una ditta vicina a Bertone, sa che Bertone è uomo di Bagnasco. Sa tutte le cose che deve sapere».

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