In sala il buio, solo un riflettore è acceso ed illumina il volto di Raffaella Della Bianca: «LItalia è al buio» sono le parole desordio della consigliere regionale che ripercorre in tre minuti la storia dItalia dal 46 fino alla caduta del governo Berlusconi, passando per il Pci finanziato dalla Russia sovietica e la compensazione con un posto in Parlamento ad Antonio Di Pietro per non aver toccato il partito durante Mani pulite. Poi la luce si sposta su un grande schermo dove appare il simbolo «Riformisti italiani», il segnale che dà il via alla nuova avventura politica che vuole portare il Paese verso la Terza repubblica. Ma non in un nome consegnato dalla cronaca bensí una rivoluzione costituzionale che passi attraverso una «Grande Riforma che promuova un vasto e generalizzato processo di modernizzazione del Paese: del sistema politico, delle relazioni sociali e della sua stessa vita culturale» spiega Della Bianca, uscita da qualche mese dalla sua esperienza nel Popolo della Libertà per aderire al progetto nazionale che ha in Stefania Craxi la principale promotrice. Lidea dei Riformisti italiani, spiegata in un Teatro della Gioventù pieno con diverse persone costrette a rinunciare allingresso per motivi di sicurezza, è quella di realizzare una riforma fiscale che allarghi la base contributiva, riequilibri il peso del fisco, dal lavoro e dallimpressa alle rendite, ai consumi, al patrimonio, e crei così le condizioni per la riduzione della pressione fiscale.
Tutto questo passa per lelezione di unAssemblea costituente che, come nel 1946, possa ridefinire lo Stato in base ai cambiamenti storici, economici e politici: «Unassemblea composta da cento personalità, che nellarco di un anno dal proprio insediamento presenti i risultati del lavoro svolto agli italiani e li sottoponga a Referendum - spiega Della Bianca alla platea in cui sono presenti i consiglieri regionali Pdl Luigi Morgillo e Alessio Saso, il segretario regionale del Nuovo Psi Vittorio Piccini e i dirigenti di Liguria Moderata Alberto Clavarino, Massimo Pernigotti ed Enrico Cimaschi -. Una riforma che deve affrontare il nodo del rapporto tra lesecutivo, che oggi appare troppo debole, e il Parlamento; fra il potere politico e quello giudiziario, che oggi è certamente squilibrato e, infine, quello fra le due Camere e il sistema delle autonomie locali».
Poi stoccate al blocco conservatore che non ha permesso al Paese di rimodellarsi nel tempo e la promessa di combattere per «disarticolare questo blocco conservatore e liberare le energie riformiste e modernizzatrici del Paese».
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