Caro Preziosi, solo con Zeman si sogna

Caro Preziosi, solo con Zeman si sogna

(...) dibattiti sportivi. Sconsigliati a chiunque abbia fretta o impegni. Del vivere slow, Piero è praticamente un testimonial. Così come è un testimonial della genoanità più vera. Quella che difende Preziosi per la scelta di vendere Palacio - e lo faccio anch’io, a differenza della nostra cara amica e lettrice Roberta Bartolini che potete leggere qui a fianco, perchè penso che alle offerte irrinunciabili non si debba mai rinunciare - ma che allo stesso tempo gli chiede di non vendere la capacità di sognare.
A inizio stagione, Piero - come tutti coloro innamorati del calcio e del Genoa - chiese al presidente di non prendere un allenatore come Malesani, reduce da un fallimento dietro l’altro. Uno che nel negozio di Piero ci starebbe bene, ma per arricchire il carrello dei bolliti. In senso calcistico, ovviamente.
Ecco, quella sciagurata scelta di Preziosi, è stata l’inizio di tutte le disgrazie genoane di quest’anno. Malesani si è dimostrato un «Cavasin con la parrucca» e l’ideale sarebbe evitare di fare il bis. Ma con la scelta di confermare De Canio il rischio è proprio quello, di scivolare verso una lenta mediocrità, di spegnere gli entusiasmi, di guastare il palato dei tifosi (quelli perbene, ce ne sono tanti) prima del campionato.
De Canio ha salvato il Genoa e bisogna dirgli grazie, perchè il rischio di retrocessione era reale. E, certo, ha fatto meglio dei suoi due predecessori, ma semplicemente perchè fare peggio era difficile. Ma, diciamo anche chiaramente che il miglior alleato dei rossoblù non è stato il nuovo tecnico, ma la mediocrità del Lecce che ha interrotto improvvisamente la sua prodigiosa rincorsa. E, soprattutto, che le vittorie a porte chiuse contro Cagliari e Palermo sono benedette, ma che non sono proprio esempi di gioco che passerà alla storia per la sua qualità.
Insomma, grazie a De Canio, ma ora è venuto il momento di cambiare. Di sognare. Di volare alto. Non necessariamente con grandi nomi, non necessariamente con gli ingaggi-monstre dal numero di gol inversamente proporzionali alle realizzazioni (i vari Toni e Gilardino), ma almeno con il sogno di un gioco e di un progetto di vita, prima ancora che di calcio.
E tutto questo può offrirlo non certo un onesto professionista come De Canio, ma un genio del calcio e della vita come Zeman. Uno che, domenica, non riusciva a finire le lacrime non per essere stato promosso in serie A contro le previsioni di tutti - tranne di chi, come noi, è nato e cresciuto a Zemanlandia e si è innamorato del calcio grazie a lui - ma perchè era stato promosso senza il suo amico Franco Mancini, preparatore dei portieri del Pescara e lui stesso storico numero uno del Foggia del boemo, che giocava con i piedi fino quasi a metà campo, raccontandoci che il portiere era anche un’altra cosa. E che si poteva sognare anche in porta.
Domenica, al Ferraris, il Pescara ha fatto vedere cos’è il calcio, come ci si possa innamorare, come si possa sognare. In campo c’erano Ciro Immobile, che diventerà genoano, Gianluca Caprari che sarebbe un sogno avere in rossoblù e Marco Verratti che è un sogno del Genoa.

Ma, soprattutto, in panchina c’era Zdenek Zeman, «il mio allenatore preferito, un allenatore che si fa rispettare ed ha le idee chiare» (copyright di Preziosi).
Ripartire da lì, tagliando con il passato, è il futuro. Se serve un coltellaccio, lo presta Piero.

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