Un tocco di freschezza quest'anno nel periodo natalizio al Teatro Carlo Felice che per il suo consueto appuntamento con la danza non ha fatto ricorso al solito Schiaccianoci proponendo qualcosa di nuovo pur restando nel favolesco con la conosciutissima fiaba di Perrault. Così Giovedì 6 dicembre è andato in scena il Balletto di Milano con la sua Cinderella, balletto in due atti su musiche di Gioachino Rossini non solo tratte dalla sua Cenerentola.
Una creazione dello scaligero Giorgio Madia, che ha voluto dare più un impronta di pantomima alla messa in scena che di coreografia vera e propria. Madia presentando il suo lavoro lo aveva detto chiaro: «La mia Cinderella è una commedia danzata e la sua struttura di impatto vuole dare soprattutto risalto alla musica di Rossini. I crescendo rossiniani aiutano assolutamente la dinamica della mia coreografia basata soprattutto su gag che riportano alla commedia dell'arte italiana».
Beh, certamente dopo aver visto lo spettacolo non possiamo che assentire totalmente a quanto anticipato da Madia perché di balletto vero e proprio si vede ben poco.
All'interno di una scenografia essenziale e quasi povera per il palcoscenico del Carlo Felice i danzatori del Balletto di Milano fanno ben poco se si parla di danza classica, in quanto il loro muoversi per il palco ricorda più un film muto dove la gestualità prende il posto della parola. Questo è un vero peccato se si pensa la potenzialità che ha la compagnia del Balletto di Milano già apprezzatissimo anche all'estero per le sue straordinarie capacità tecniche riscontrate in altre produzioni. Ma queste osservazioni potrebbero dare un'idea sbagliata del giudizio globale della messa in scena del Carlo felice, che invece ha un risultato positivo grazie all'orchestra casalinga. Ottima infatti la decisione del Sovrintendente Pacor di far dirigere il balletto da due componenti dell'organico, Giorgio Bruzzone e Antonio Gambula (5 gennaio 2013).
Il Maestro Bruzzone è stato abilissimo nel tirar fuori dall'orchestra che conosce benissimo quella vitalità, freschezza e computezza richiesta dalla partitura rossiniana rendendo gradevole uno spettacolo di per sé povero. Stesso elogio va ai solisti del coro che all'interno della buca dell'orchestra si fanno notare più dei ballerini sul palco.
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