il derby dei lettori

2POPOLO ROSSOBLÙ
Quando il martirio

è più dolce della gioia
Caro Dottor Lussana, Ci risiamo! La mancata espulsione di Zaccardo in Parma-Genoa ha scatenato la solita eterna lagna dei tifosi genoani: ingiustizia, complotto, congiura, accoltellamento alle spalle, strategia di grandi vecchi per eliminare il grifone, etc. etc. etc. Questa volta non c'è stato tempo per far decantare il precedente piagnisteo (la presunta mancanza di ossequio dei giornalisti genovesi tutti devoti e riverenti, invece, verso l'odiato presidente sampdoriano) per far posto a quello successivo. Le due lagne, giornalisti più Rizzoli, si sono sovrapposte e così i genoani, da ridicoli, sono diventati patetici. Il motivo dominante della loro esistenza è quello di vivere di lamenti talmente lagnosi (modello donne maghrebine, per intenderci) da renderli francamente antipatici. Ma è un atteggiamento al quale non sanno rinunciare. Al tifoso genoano, non gliene frega una beata cippa del Genoa. L'unica cosa per cui il tifoso si esalta, soffre e gioisce, è solo se stesso. Si esaltano se un anno superano il numero degli abbonamenti dell'anno precedente, si deprimono se una domenica la loro gradinata è un po' giù di gomme ed urla meno esaltata del solito, si compiacciono di raccontarsi tra di loro miserevoli e piovose trasferte a Castel di Sangro o Pizzighettone (e lo scalcinato Grifone non ha mai fatto molto per negargli questi momenti di gloria). Il martirio è, per loro, più dolce della gioia.
Anche perché della gioia, francamente, non hanno grande esperienza. È passato talmente tanto tempo che forse non esiste più un solo sopravissuto che abbia assistito di persona alle partite del loro nono scudetto (anche se scudetto è un'espressione un po’ alta). Al tifoso genoano piacerebbe che ogni domenica all'Angelus il Santo Padre si affacciasse su San Pietro con una sciarpa rossoblù, considererebbe assolutamente normale che la storia del Genoa venisse inserita nei piani di studio delle scuole medie, sogna che la città fosse piena di moschee da cui, all'alba, un muezzin piagnucolasse episodi triti e ritriti della storia dello sgangherato uccellaccio. E tutti in ginocchio ad adorare. Non se ne può più. La gente non si è dimenticata quando i genoani sbertucciavano i sampdoriani definendoli immigrati terroni. Peccato che poi ci sia stato Scoglio, i tunisini, ed ora pure il loro presidente che, quando lo intervistano, avrebbe bisogno di essere sottotitolato per essere capito. Tutta gente che con l'Alto Adige ci azzecca poco. Se la tirano da tifosi inglesi, anzi scozzesi, e poi si dimenticano che la società si è macchiata della colpa più infamante: comprarsi la vittoria, che poi vittoria non è neanche stata. Non possono lamentarsi se gli arbitri sono poco benevoli o le televisioni ed i grandi palcoscenici nazionali poco accoglienti: sono antipatici. Un grande della loro storia, Bagnoli, aveva identificato nei tifosi il male oscuro del Genoa. Ed infatti, i genoani si ricordano anche del magazziniere del loro terzo scudetto, ma glissano su Bagnoli. Non si seppe mai veramente perché se ne andò. Ma che uomo! Oggi c'è Gasperini: un «turista fai da te», un po' fortunato, molto presuntuoso, altrettanto antipatico. L'uomo giusto al posto giusto. Ma fatemi il piacere, fatemi...
- Genova
2UN PAREGGIO
Visto da destra

visto da sinistra
Carissimo Direttore, Lei sarà d’accordo con me sul fatto che giudizi emessi da persone di estrazione diversa, danno anche commenti disparati. Vogliamo provare a farlo per Parma-Genoa?
Il «tifoso» che va al campo non per gustare uno spettacolo sportivo, ma solo per agitarsi e vociare a favore della sua squadra, in questo caso dice: «Un punto preso in campo avverso è sempre cosa positiva. Che me ne importa di come ha giocato la squadra». Commento: certo un punto «fuori» va bene. Ma il gioco della squadra va da ben considerare per le partite future. Lo spettatore che va al campo anche per gustare una competizione sportiva per realizzata: «Questa partita è stata giocata male da tutte e due le squadre». Spettacolo miserevole che fa riflettere sul perché queste competizioni destino tanto interesse.
Ma, riflettendoci sopra gli interessi ci sono. Finanziari, per i giocatori troppo pagati, per il «tifoso» ammalato di colore della sua maglia che, con occhiali a lenti speciali vede solo il bello della sua squadra, il negativo dell’avversario.
Commento: tutto quanto sopra, conferma più che mai che il gioco del calcio non è né sport, né spettacolo. Dirigenti della squadra: prendiamoci questo punto e sorvoliamo sul come si è giocato. I giocatori non sono ancora «affiatati», e, poi c’era il Toni ancora poco efficiente. Commento: le squadre fanno una preventiva preparazione, prima dell’inizio del torneo. Dovrebbero arrivarvi «pronte». Perché, poi, i «nuovi» (definiti validi acquisti) si vengono a ritrovare quasi separati e tutt’altro che validi?
Dott. Elio Rosi
2ALTRO CHE I CALCIATORI
Lasciamo scioperare

chi rischia lo stipendio
Caro Massimiliano, a proposito dello sciopero dei calciatori, peraltro revocato, volevo dirti che a mio avviso, chi ha veramente il diritto di scioperare sono i lavoratori della Fincantieri di Riva Trigoso che pare chiuderà i battenti, oppure quelli della ditta di trasporti Pagano, ditta storica genovese che lascerà a casa una cinquantina di dipendenti. Mi metto nei panni di tali lavoratori che sono minacciati di non vedere più garantito il posto di lavoro. Questi sono i veri problemi per cui occorre combattere e farsi sentire a viva voce.

Al contrario trovo vergognoso lo sciopero che avevano indetto i calciatori e l'Aic, come poco seria è la realtà del calcio sia italiano che internazionale. Le squadre italiane sono diventate delle vere e proprie Spa ed i propri calciatori dei dipendenti che danno spettacolo anziché fare sport, con contratti pluriennali e stipendi da favola.
Roberta Bartolini

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