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il dibattito

2 TARANTO COME L'AQUILA

Ilva, trasferire gli abitanti

di Tamburi in «new town»

È notorio che Taranto è chiamata la città dei due mari. D'ora in poi potrà a questa definizione aggiungersene una nuova, essa pure duplice: cioè quella amletica dei due dilemmi, precisamente i seguenti. Primo, mantenere in vita l'acciaieria dell'Ilva e rassegnarsi a convivere con l'inquinamento a cui dà luogo con il relativo pregiudizio per la salute delle persone. Secono, chiudere il complesso siderurgico provocando la perdita del posto di lavoro per migliaia di dipendenti non soltanto a Taranto, ma anche a Genova e dintorni, dove fra l'altro l'inquinamento è già stato scongiurato da tempo.
Il tutto nel presupposto di rendere l'aria più «salubre», ignorando che in Taranto esistono altri insediamenti che inquinano e che continuerebbero ad inquinare impunemente, sentendosi preservati da ulteriori dismissioni forzate.
Se non si trova il modo di venire fuori da questa situazione di impasse più che mai scabrosa, le conseguenze alle quali si potrebbe andare incontro sono inimmaginabili e estremamente serie.
Una via d'uscita come «ultima ratio», alla quale ancora nessuno ha pensato, ci potrebbe essere e sarebbe fra l'altro anche a portata di mano. Si tratterebbe di revocare l'abitabilità a tutti quei caseggiati del quartiere Tamburi, con la conseguente evacuazione dei suoi abitanti, giustificando il provvedimento come una misura di salvaguardia dell'evento sismico, tipo quello che ebbe a colpire l'Aquila. Nel caso del quartiere Tamburi di Taranto l'eventuale esodo della popolazione residente dovrebbe riguardare più o meno un decimo di quello a cui si dovette far fronte nel caso dell'Aquila. Come si dovrebbe procedere? Né più né meno di come si fece in Abruzzo, sino a mettere in pratica la soluzione di una «new town», quella cioè delle ridenti palazzine dotate di ogni confort realizzate in tempo di record dal governo Berlusconi, beceramente deprecate dai soliti detrattori a comando di ogni iniziativa di quei governi facenti capo a Silvio Berlusconi.
Ci si potrà domandare: chi si dovrà fare carico dei costi dell'intera operazione? Ovviamente l'industriale Riva, così prodigo nell'elargire fondi a destra e manca. Non ci sarebbe nulla di strano che se si accollasse l'onere, dal momento che l'operazione l'avrebbe resa lui stesso colpevolmente necessaria e inderogabile come dovrà pure verificarsi per la messa a punto degli impianti adeguandoli agli stessi standard di quelli di sua proprietà che sta gestendo in Germania.
Cav. Prof. Luigi Mori
2 CONDANNATA AL RISARCIMENTO

La banca che chiude il conto

a chi non paga spese più alte
A proposito di disponibilità del sistema bancario verso le attività produttive, segnalo un autentico caso di protervia e vessazione operate da una primaria Banca del Lavoro con cui opero con la mia attività (ancora per poco).
Nei mesi scorsi ho rilevato che detta banca seguitava da tempo ad addebitarmi delle notevoli spese contrattualmente non previste nel nostro rapporto correntizio.
Fatta presente la cosa, ma senza risultato, sono stato costretto ad inoltrare ricorso presso l'Arbitro Bancario Finanziario, organo della Banca d'Italia.
Detto ente mi ha dato pienamente ragione, ha condannato la banca al risarcimento delle spese ingiuste, ed al ripristino delle condizioni a suo tempo pattuite. Cosa che la banca ha prontamente attuato. Ma solo per alcune settimane, al termine delle quali mi è stato comunicato a voce, in totale spregio alla decisione pronunciata dall'Arbitro B.F., che la mia ditta «non interessa più» alla banca, salvo accettazione di più onerose spese bancarie.
A richiesta di avere per iscritto queste condizioni, l'istituto bancario non si è mai degnato di dare una risposta. Anzi ha risposto con una raccomandata in cui unilateralmente decideva, senza addurre alcun motivo (mai gliene sono stati dati), di chiudere il mio conto corrente operativo, con tutte le problematiche inerenti per chi ha impegni professionali.
2 PENSIONATI TARTASSATI

Noi vessati dall'Imu e costretti

a risparmiare per il Natale

Ho fatto i conti della seconda rata Imu e ho visto che io e mia moglie dovremo pagare quasi 1.400 euro in più che a giugno, fra prima e seconda casa. Qualcuno dirà: se pagano vuol dire che li hanno. Verissimo. Ma non è questo il discorso; il fatto è che sicuramente spenderemo 1.400 euro in meno del natale scorso, se non di più, intimoriti dall'accanimento fiscale contro dei pensionati proprietari di immobili che devono dichiarare tutto. Se chiamano tecnici o professori chi ci ha messo in questa situazione...
Gustavo Basevi
2 CAMBIO DI NOMI

Il giallo di Palazzo «Reale»

quando il Reame non c'è più

Caro Lussana qui bisogna intervenire e solo tu puoi farlo. Primo. Con l'aiuto dell'Associazione «A Compagna» del presidente ingegner Franco Bampi vedete di fare luce su Palazzo «Reale» di via Balbi.

Apparteneva alla famiglia Balbi, poi dopo l'infausto 1815 è diventato «Palazzo Reale». È stato pagato dai Savoia? A chi appartiene oggi? E tutto quello che si può sapere. Secondo. Ah, giusto, perché si continua a chiamarlo Palazzo Reale? Il Reame non c'è più. E a Genova era stato imposto.
Giulio Tesi

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