Il dibattito in redazione

2 COSTI DELLA POLITICA
La gente aspetta

un segnale dalle istituzioni
Caro Massimiliano, stamattina il giornalaio di Via Acquarone mi ha salutato con «siamo a –6»... eh sì, il Termometro Borsistico dà –6 su Milano. Ormai siamo tutti attaccati al bollettino quotidiano e la società civile aspetta trepidante la «mazzata». Una società civile che crede nella solidarietà... che è pronta a sacrificare parte dei suoi risparmi per salvare la nostra Terra. Una società civile che si è dimostrata il vero valore aggiunto del «made in Italy». Questo non vuole dire che siamo di fronte ad un popolo «bue» a cui basta una carezza e un bel discorsetto da perfetto imbonitore per sacrificare anni e anni di risparmi e di rinunce. Anzi... la maggioranza dei cittadini vede questo cataclisma finanziario come l’occasione buona per resettare «sprechi e ruberie» e mettere la parola fine alla concezione «allegra» del fare politica e amministrazione. In questo senso diventa imprescindibile un segnale forte dalle Istituzioni. In questo senso è da apprezzare «l’autoTaglio» degli emolumenti da parte del Cda della Datasiel e la volontà del Pdl ligure di stare vicino agli anziani soli.
La Politica deve tornare a parlare la lingua della Gente che amministra e deve vivere in mezzo alla Comunità non come un corpo estraneo ma come parte di essa. In questo senso ben vengano la ristrutturazione delle Province, l’accorpamento dei Comuni, il ridimensionamento di Comuni e Municipi e una gestione meno politica e più trasparente delle partecipate. Tutte misure giuste e salutari ma che hanno bisogno di un ulteriore «salto di qualità» con l’AutoTaglio dei grandi emolumenti «politici». Emolumenti che non sono più giustificabili mentre si chiede un Patto Sociale per la ripresa e il salvataggio della Liguria e dell’Italia. Quindi la gente aspetta un segnale vero, spontaneo e trasparente e non tollera frasi come «legalmente non possiamo ridurci gli stipendi... sì, è vero, sono alti, ma poi facciamo beneficenza...». È bene ricordare che siamo al punto di Non Ritorno.
Enrico Cimaschi, Capogruppo Misto Liguria Moderata – Municipio 1 Centro Est
2 PRATO NEVOSO
Se i «rifugiati» diventano villeggianti di lusso
Prato Nevoso, località di vacanza dei genovesi da sempre, luogo ove tutto è stato recintato pur di far soldi, ameno paese dove se ristrutturi, puoi alzare di un piano senza preoccuparti che qualcuno da 30 anni aveva una vista che oggi non ha più. Oltre questi oltraggi ambientali, peraltro credo che siano tutti a norma di legge, lo Stato, per legge transnazionale ha voluto omaggiare il paese di un cospicuo gruppo di «rifugiati».
Un gruppo così cospicuo da poter organizzare partite di pallone nel campo, unico posto di svago dei nostri figli non scosceso e dove i ragazzi possono socializzare con una palla, un gruppo che arriva alla chetichella con cellulari di alta fascia, ed un abbigliamento decoroso.
Il mio non è razzismo, ma scoramento nel vedere che questo gruppetto, tutti giovani ed aitanti, bivacca tutto il giorno nell’hotel pagato dallo Stato italiano, mangia e si sdraia senza fare nulla fino a sera. Dimenticavo, ogni persona, mi hanno riferito i locali, percepisce 40 euro al giorno. E allora mi sconforto, pensando a quei poveri anziani che hanno lavorato tutta la vita e oggi a causa della globalizzazione dei mercati finanziari (a spese del loro e nostro sedere) e la ridistribuzione della povertà non possono recarsi in montagna ma devono stare in città a penare da soli e senza soldi.
Questi profughi o rifugiati devono essere occupati se vogliono essere accettati, la gente che qui è in vacanza non accetta che a loro tutto sia dato gratis mentre noi paghiamo tutto, noi lavoriamo tutto l’anno e loro? Occupiamoli e non facciamone solo dei villeggianti di lusso.
Il razzismo lo generano queste situazioni, il considerare che finiremo come la Francia o l’Inghilterra di questi giorni, con rivolte nelle città e nelle periferie perché era ed è «bello accogliere» senza ragionare ma da vecchi comunisti. L’accoglienza è una cosa differente, è frutto di politiche di integrazione con il lavoro, con la ferma repressione della delinquenza, con l’esaltazione della famiglia e delle regole che un tempo dettavano i nostri nobili gesti.
Diamo regole ed accoglienza a chi si integra, e respingiamo chi non merita, chi non si impegna con il lavoro, chi ha già commesso reati deve tornare nel suo paese oppure mandiamoli in quei paesi che delle colonie hanno fatto la loro ricchezza ed oggi la loro disperazione.
Andrea Cambiaso
2 MANOVRA/1
I sacrifici e la cricca

di affaristi e speculatori
L’infuocato dibattito sulle misure adottate dal governo - non poche vere e proprie grassazioni a danno dei più deboli - non ha senso, se non si risponde ad un quesito ineludibile. I sacrifici imposti sono finalizzati a raggiungere un nobile scopo che li giustifichi o si prefiggono solo il fine di continuare guerre «democratiche» in territori d’oltremare e a rimanere legati ad una cricca europea di affaristi, massoni e speculatori, che nulla ha da spartire con l’Europa dei popoli, che conculca le nostre tradizioni culturali e religiose, che ci soffoca con direttive futili ed asfissianti, che tanto pretende e poco dà?
Il moltiplicarsi degli attentati alle libertà fondamentali (sorveglianza occhiuta con videocamere, intercettazioni, drastica limitazione alla circolazione del contante...) configurano l’attuale sedicente democrazia come una oligarchia dispotica, prodromica all’instaurazione di un governo mondialista, con un solo padrone e una massa di sudditi schiavi.

2 MANOVRA/2
L’Italia pronta a rinunciare, ma comincino i politici
Caro Lussana, questa volta scrivo non in veste di lettore, di avvocato, di colonnello o di alpino, ma da vecchio giornalista, per denunciare che, da settimane, i media ci bombardano con notizie terrificanti, che spaventano i due terzi degli italiani, in particolare quelli che non capiscono una mazza di default, S.C.E., patrimoniale, I.M.U., rendite finanziarie, Eurozona, capitalizzazione, risalita di Wall Street, collassamento dei titoli bancari e così via.
È ovvio che nei momenti difficili si debbano fare sacrifici, ma per farli capire ed accettare sarebbe opportuno parlare al popolo con lo stesso linguaggio della «casalinga di Voghera» e, soprattutto, dimostrare (in modo che la suddetta casalinga lo comprenda) che la maggioranza degli italiani è disposta a fare dei sacrifici, ma vorrebbe vederli iniziare, ad esempio, dai calciatori, i cui nauseanti emolumenti rendono incomprensibile come possano ancora trovarsi i tifosi fra gli operai, i piccoli artigiani, gli impiegati, i pensionati, i disoccupati.
La casalinga di Voghera vorrebbe vedere il Capo dello Stato che non finge di cooperare rinunciando ai centesimi, ma che rinuncia veramente a duemila euro al mese, versandoli in un apposito conto (senza, per carità, nuovi uffici o nuovi appositi funzionari, perché, altrimenti, come si dice a Genova «u spesià u se mangia u süccou»).
E poi: ministri e parlamentari che versano, nello stesso conto, 1.500 euro al mese; presidente di Regione, di Provincia e sindaci, 1.000 euro al mese. Ed ancora: dimezzamento del numero dei parlamentari e riduzione all’osso delle auto blu. A questo proposito voglio ricordare che, nel deprecato ventennio, il Federale di Genova Luigi Sangermano (praticamente il padrone della provincia) scendeva a piedi dalla sua abitazione di via Trento sino a piazza Tommaseo, dove prendeva il filobus sino al suo ufficio, in piazza della Zecca. E che cosa vorrebbe ancora la casalinga di Voghera?
Ecco: che non si sprecassero più quattrini per finanziare i partiti (perché un’associazione politica deve ricevere soldi e un’ipotetica Bocciofila della Val D’Aveto no?) o per associazioni ormai prive di significato, come, ad esempio, l’Anpi.


Se a tutto questo aggiungessimo i processi per direttissima a carico dei devastatori di vetrine, i responsabili di risse, i deturpatori di caseggiati, gli spacciatori di droga, i rapinatori e gli scippatori, i mandatari per estorsione di pizzo e, per di più, pubblico encomio al negoziante che - munito di regolare porto d’armi - spara ai rapinatori, forse la casalinga di Voghera sarebbe maggiormente disposta a sopportare le rinunce imposte dallo Stato e malamente spiegate da Giulio Tremonti.
Antonio Sulfàro

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