(...) Invece, imporre donne o essere imposte in quanto donne penso sia degradante. Innanzitutto per le donne.
Il femminismo delle quote, peraltro, è trasversale. Ne parlavo laltro giorno con un caro amico, che penso abbia votato convintamente Doria, ma che da persona seria e pensante, anche se dallaltra parte della barricata politica (ammesso che abbiano ancora un senso le barricate politiche), concordava perfettamente con me sulla necessità di rompere il politicamente corretto ad ogni costo. Che senso ha il comunicato, arrivato ieri tramite lagenzia Ansa, firmato dal movimento «Se non ora, quando?», per monitorare la presenza delle donne in consiglio comunale? Spiegano che, se vince Doria, le donne a Tursi saranno il 25 per cento, sei su 24 consiglieri, mentre se vince Musso saranno 3 su 24, il 12,5 per cento. Una concezione numerica della donna che, a mio parere, non aiuta le donne. Ci manca solo che indichi se lo 0,5 che supera il 12 per cento delle donne mussiane sia il lato A o il lato B e il dato è completo.
Insomma, questa roba non mi piace. Spero che, chiunque vinca - io ribadisco che considero Musso, al di là di tutto il passato lunico candidato che non farà ulteriormente deperire Genova (ma ci torneremo nei prossimi giorni, perchè i lettori non sono univoci in questo giudizio e daremo voce a tutte le posizioni) - faccia una giunta di gente capace e perbene. Non di donne, o di uomini.
Ad esempio, dico tranquillamente che, comunque vada, lassessorato alla Cultura migliorerà nettamente. Certo, mi si potrebbe obiettare che far meglio di Andrea Ranieri, uno dei buchi neri della giunta Vincenzi, non è proprio impresa improba. Ma se vince Enrico Musso si era fatto il nome di Vincenzo Spera, che sarebbe uno straordinario assessore, anche perchè abituato a fare i conti con i soldi suoi e non con quelli degli altri e quindi potrebbe portare un po di cultura pop in un mondo dove la cultura spesso è quella impop, nel senso del brivido dellimpopolarità. Ma anche se vincesse Marco Doria, i nomi che si fanno sono quelli di Silvio Ferrari come consulente (a titolo gratuito) e di Carlo Repetti, che sarebbe anche vicesindaco. In entrambi i casi, la fonte è Raffaele Niri de La Repubblica-Il lavoro che, quando ci sono notizie sul centrosinistra, è il giornalista più attendibile (oltre che leggibile e gradevole) in circolazione, una sorta di piccola bibbia della coalizione.
Insomma, Ferrari e Repetti sono due bravi, di parte ma non faziosi (basti pensare a quando Silvio Ferrari ha sfidato le polemiche per ricordare le foibe il 25 aprile dello scorso anno a Santa Margherita Ligure, chiamato da un sindaco eterodosso come Roberto De Marchi), di sinistra ma non sinistri. Insomma, due con cui è un piacere parlare, confrontarsi, al limite anche litigare. Ma certi di essersi arricchiti vicendevolmente. Almeno, per me è così.
Perchè vedete - e lo dirò anche sul palco del teatro della Gioventù lunedì 28 alle 17,30, con tanti nuovi amici che si sono aggiunti di cui potete leggere la lista qui sotto - credo che occorra superare ogni steccato e faziosità. E lavorare tutti insieme per il bene di Genova e della Liguria. Faccio un esempio: laltro giorno ho elogiato Claudio Burlando per essersi speso a favore delle compensazioni fra debiti e crediti. Il che non vuol dire che io sia diventato burlandiano, ma molto più semplicemente che se Burlando fa una cosa giusta non mando il cervello allammasso e lo dico. Si chiama onestà intellettuale.
Ecco, con i Silvio Ferrari, con i Carlo Repetti, con i Giorgio Guerello, con i Franco De Benedictis, con i Giovanni Raggi, credo che occorra parlare, anche se sono del Pd, di sinistra, o dipietristi. È il partito trasversale delle persone capaci e perbene. Indipendentemente dalla maglietta.
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