Il precedente dei diciotto morti sulla London Valour Ma quella volta c'era Libeccio a 100 chilometri l'ora

Nove aprile 1970. Una nave si schianta contro la diga del porto di Genova, diciotto morti. 7 maggio 2013 Una portacointener urta la banchina della torre piloti a molo Giano, sette morti 3 dispersi e quattro feriti. Condizioni del mare e dinamica differenti, ma 43 anni dopo ci sono gli stessi titoli di tv e giornali. Il precedente della London Valour, il mercantile che naufragò due volte, è l'unico forse paragonabile con la tragedia di ieri notte perché nello scalo genovese ogni anno ci sono circa 14mila «manovre portuali» e gli incidenti sono stati più che altro a terra o di auto che sono finite in mare per manovre errate. Il piroscafo britannico naufragò nelle acque all'imboccatura del porto per una concomitanza di tragici eventi, roba catastrofica. La nave affondò a poche decine dall'ingresso perché andò a sbattere sulla piattaforma in cemento e sugli scogli della diga frangiflutti. Era stata costruita nel 1956, una ventina di anni prima rispetto alla Jolly Nero dei Messina.
La mattina del 9 aprile 1970 c'era mare, vento che soffiava a 100 km/h e sulla città una libecciata che non si vedeva da anni. Intorno al primo pomeriggio l'ancora del mercantile cominciò a perdere la presa sul fondo marino e lo scafo venne trascinato dalla tempesta verso la barriera della diga foranea. I propulsori non funzionavano perché erano stati smontati per essere integralmente revisionati. La London Valour risultò immediatamente essere fuori controllo. Alla fine sbattè più volte contro gli scogli e la diga. Sul luogo della tragedia accorsero piloti, carabinieri, capitaneria e il personale del porto genovese per prestare coraggiosamente i soccorsi. Le condizioni meteorologiche non consentirono subito l'avvicinamento perché nel frattempo si erano formate onde alte quattro metri. La poppa della nave si schiantò e lo scafo squarciato rimase incastrato. I soccorritori riuscirono però a costruire un «andirivieni» con una doppia cima di nylon robusto.
Tuttavia, la nave si spezzò in due tronconi. Stante i movimenti bruschi, la corda cominciò a rilassarsi e a tendersi come una grossa molla, sbalzando in aria alcuni naufraghi che finirono per sfracellarsi sugli scogli.

A compiere il miracolo e a salvare una quarantina di persone furono i piloti, rimorchiatori, ormeggiatori del porto e i marinai della motovedetta CP 233. Nell'operazione di soccorso morì l'eroe dei Vigili del Fuoco capitano Rinaldo Enrico. Una tragedia terribile.

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