Cronache

Quando ogni salotto era un teatro

Il teatro, lo spettacolo in salotto lo si può vivere ancora, una volta l'anno, in una sontuosa dimora di via Assarotti, dove vive Simonetta Morini, con il suo «staff» artistico, Ninni Miglietta regista, Tonino Bettanini politico con la voglia di palcoscenico (ancorché «mini»). Insomma, una tradizione che si ravviva ancora, in questo terzo millenio.
Ma negli anni Cinquanta e Sessanta questi «incontri in salotto» di taglio spettacolare, erano di gran moda. L'antica dimora che viveva queste serate era quella indimenticabile Contessa Medina, nel quartiere residenziale di corso Paganini, in Castelletto. La «Genova-bene» (allora era davvero «bene») si riuniva in questi saloni semi dannunziani, per applaudire piccole «performance» di attori e attrici dilettanti, ma appassionati. Molti di loro, in verità, diventeranno anche molto noti e protagonisti del teatro italiano.
La Contessa Medina, straordinaria nobildonna genovese (oggi, spesso, ci capita di incontrare l'adorato nipote Corrado, oggi ultrasettantenne ovviamente...), aveva un suo fascino nell'annunciare questi «mini-spettacoli». Ne era orgogliosa, invitava la nobiltà genovese, famiglie altolocate, professionisti, avvocati, governanti importanti, amici appassionati di teatro.
La piccola ribalta era realizzata da amici della Contessa, il piccolo sipario cucito da mani preziose e nobili, le luci e i velluti di scena tirati fuori da antichi cassetti... E poi lo spettacolo. Allora attrice di prim'ordine era Mimma Ciurlo, figlia dell'avvocato Luca, donna di una rara bellezza e di una autentica simpatia che organizzava il «cast» (sua amica prediletta Carla Stura, ancora oggi splendida signora della Genova che conta...): entrambe riuscivano a recitare (erre moscia quella di Mimma, passione forte quella di Carla) trascinando alla commozione e all'applauso. I testi? Solo quelli «romantici», un po' di Shakespeare, un po' di D'Annunzio, qualche racconto comico trascritto all'occorrenza (Luciana Peverelli, Giorgio Scerbanenco). Il momento più divertente si verificava al termine della «performance»: quando la Contessa Medina invitava il «suo» pubblico ad applaudire e ad abbracciare gli interpreti. Quindi il momento cult della serata: l'invito alla tavola con tovaglia di pizzo per gustare cioccolatini e i fondants di Romanengo e per sorseggiare sciroppo di rosa fatto dalla stessa contessa.
Negli anni successivi altri interpreti si affacciarono alla piccola ribalta: Vittorio Centanaro ad esempio, e soprattutto la sua consorte Giulia Lupi, Roberto Freschi e (celebre avvocato) Franco Marinoni, tutti interessati, si diceva, più ai canditi di Romanengo che ai testi di Luciana Peverelli.
Ma erano serate dolcissime, nelle quali ci si divertiva, ci si conosceva e non era improbabile che nascesse qualche piacevole flirt o addirittura qualche amore forte. Mimma Ciurlo, che per anni operava nel contesto organizzativo dello Stabile, sposò Roberto Risso protagonista con Vittorio De Sica de «La bersagliera».
Negli anni successivi un altro «cenacolo» frequentatissimo fu quello del maestro-pittore Odo Tinteri. Lo scenario era diverso rispetto ai nobili saloni della Contessa Medina. Gli incontri avvenivano nella «bottega» del maestro, in salita Pollaioli. Tavoloni lunghi e scrostati, in mezzo a quadri, cornici, sculture «non finite», clima fra il radical-chic e il cultural-borghese. Menù completamente sardi (Tinteri era figlio della Sardegna, dove ha sempre lavorato e avuto un successo artistico straordinario), ospiti di lusso e di vario ceto sociale: belle donne legate al mondo dell'arte e dello spettacolo, politici, imprenditori, luminari della medicina (indimenticabile il professor Nicola Pandolfo oggi primario emerito in Calabria), Giuseppino Roberto uno degli ospiti più assidui (lo ricordiamo come presidente della Fiera degli anni felici), Michele Denaro, Questori e Prefetti accolti dal garbo della padrona di casa Gabriella, cuciniera niente male. Un pecorino sardo esaltava cantanti e lirici che si esibivano sul far della mezzanotte, nobilitando i vicoli antichi del quartiere. Notti indimenticabili, certo che si vivevano in una città che, in quegli anni, aveva ancora una gran voglia di vivere, di divertirsi. Lo spread era lontano, l'Euro per fortuna non era ancora nato, la città offriva lavoro e cultura. Addio cara contessa Medina, addio amato «carasau» di Odo Tinteri..

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