Il "campo largo" delle tonache rosse: dai legami con i dem alla lotta ai confini

Cardinali, vescovi e preti di strada: la Chiesa che in Italia sta con la sinistra

Il "campo largo" delle tonache rosse: dai legami con i dem alla lotta ai confini
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Lui "fa più opposizione della sinistra. I suoi contatti? Sono con i cattolici del Pd." Parola di un esponente del centrodestra ferrarese, che punta dritto il dito su monsignor Gian Carlo Perego, vescovo di Ferrara-Comacchio. Presidente della Fondazione Migrantes, Perego non ha esitato a scagliarsi contro il governo Meloni, accusandolo di manovre "subdole" riguardo ai Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr) in Albania. Nella sua Ferrara, il vescovo si scontra in maniera col sindaco leghista Alan Fabbri, soprattutto sulle quote delle case popolari riservate ai migranti. È il segno di un conflitto che va oltre la politica tradizionale. Perego, scelto da Francesco per succedere a monsignor Luigi Negri conservatore dichiarato rappresenta un cambio di passo voluto da Bergoglio: un colpo netto ai "vescovi tradizionalisti" e una predilezione per i "preti di strada". Era il 2017, un'altra epoca. Ora la curiosità è tutta sull'orientamento di Papa Leone XIV.

Ma Perego non è un caso isolato. Tra le "tonache rosse" italiane spicca per distanza Matteo Maria Zuppi, tra i cardinali più discussi durante il Conclave. Di lui si sa tutto, dalle ospitate alle Feste dell'Unità fino alle iniziative di Rifondazione Comunista. Nel 2019, per esempio, offrì il "tortellino dell'accoglienza" senza maiale, per non urtare i musulmani durante la festa di San Petronio. Per i compagni è "don Matteo", e non è un caso se tanti parlamentari Pd lo chiamano per nome. Uomo di dialogo? Certo. Ma con un'aria politica ben precisa. Monsignor Mariano Crociata, presidente dei vescovi europei, come tanti altri, si schiera apertamente contro il pericolo "populista". Già nel 2018, il cardinal Oscar Cantoni, nella sua Como, non aveva esitato a dire chiaro e tondo: "Chi vota i populisti fa peccato".

Dal Gruppo Pd alla Camera, ridendo, ti dicono che Elly è "comunista" e che con i preti e la Chiesa non ha "tanti rapporti". Ma il discorso cambia quando si parla di Dario Franceschini, di Base Riformista e di quell'area del Pd che viene dalla Margherita. E poi c'è Romano Prodi, bolognese, che dà del "tu" a molte "tonache rosse", Zuppi su tutti. Ma la sinistra ecclesiastica non è un'esclusiva del Pd. Il capo grillino Giuseppe Conte, per esempio, è cresciuto a Villa Nazareth, il tempio romano del cattolicesimo progressista. Dopo la morte del cardinale e diplomatico Achille Silvestrini, il nome di Villa Nazareth è legato a quello di Pietro Parolin, porporato sottosegretario di Stato, che Conte conosce bene. Parolin, moderato riformista, non è certo un "prete rosso" ma neppure un conservatore. Che dire poi della Comunità di Sant'Egidio, quella di cui fa parte proprio Zuppi? L'orientamento del movimento è chiaro come il sole: "Demos", il partito nato da Sant'Egidio, non ha perso tempo e si è subito piazzato nel "campo largo". Don Luigi Ciotti, don Armando Zappolini, don Massimo Biancalani e compagnia sono gli eredi diretti di don Andrea Gallo: preti a favore dell'accoglienza indiscriminata, paladini dei diritti Lgbt, e animatori di un antifascismo militante che non ha bisogno di bussare alle porte dei partiti per farsi sentire. Di questi tempi a preoccupare, nella Chiesa, sono soprattutto le proporzioni. Per ogni prete anti-spaccio alla don Maurizio Patricello o alla don Antonio Coluccia, ne esistono almeno tre che decidono di concentrare la loro pastorale su migranti e "nuovi diritti". È l'arcinota "Chiesa in uscita". Tutti si domandano se quella di Papa Leone sarà diversa.

Il Godot che i protagonisti di questo mosaico

aspettano è "il partito dei cattolici riformisti". Quello che tutti invocano, che in tanti, da ultimo Ernesto Maria Ruffini, hanno provato a costituire per dare una mano al "campo largo". Ma per ora nessuno ha avuto successo.

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