Quel tempio della cera dove il tempo si è fermato

Quando si varca il portone dell'Antica Reale Pontificia Cereria Bancalari & Bruno, oggi di proprietà di Luigi Chiarella sembra di tornare indietro di due secoli. Il pavimento è in legno e riserva sospettosi scricchiolii, ci sono ancora le bilance, le macchine da scrivere in mostra sui banconi, segno di una fiorente attività artigianale di tanto tempo fa, poi lo stemma della fabbrica che completa l'arredamento della sala di ingresso: un tipico esempio dell'Italia risorgimentale.
Scesi nell'interrato da una scala in legno e ferro, anch'essa crepitante, troviamo le macchine per la costruzione delle candele predisposte in sequenza in una grande sala. «Sono in ferro massiccio, ma – racconta Carlo Bianchi, dipendente della società da oltre 40 anni – nel ‘600 e 700 questi meccanismi erano costruiti interamente in legno». Sparsi tra le attrezzature ci sono numerose vasche colme di preparati di paraffina e composti per la fusione e lavorazione. Tutto l' ambiente è avvolto da un profumo di candele che dà un senso di sacralità, anche il pavimento in pietra scura è impregnato di cera che lo rende scivoloso e pericoloso per chi usa scarpe in cuoio o tacchi alti e si addentra in questo antico «tempio» della cera. «Lavoro qui da più di 40 anni - racconta Bianchi - mi sembra un po' casa mia, oggi forniamo candele e ceri a tutte le chiese di Chiavari e zone limitrofe. Ma ne spediamo molte anche in altre regioni, siamo in due persone e facciamo quel che possiamo. Molti anni fa c'era più personale, si facevano molti tipi diversi di ceri, poi l'industrializzazione del prodotto e la competizione commerciale ci hanno tagliato le gambe».


L'attività di cereria è stata aperta dalla famiglia Bancalari nel 1592 poi, con il tempo, si è formata una società con la famiglia Bruno e poi è subentrata la famiglia Chiarella che ha continuato fino ai tempi d'oggi la gestione dell' attività. «Queste candele sono formate dal 90 % di paraffina e il restante 10 % di stearina. Le macchine sono un po' vecchiotte, ma sempre efficienti e funzionanti. Hanno più di 200 anni e bisogna maneggiarle con cura».

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