Con scatole e bottoni giocavamo a fare la bottega di «fainotta»

Caro dottor Lussana, leggo con gran piacere i sui gradevoli articoli (e quelli dei suoi collaboratori), particolarmente quando riguardano la mia bellissima Genova. Quella del tempo andato.
I miei ricordi risalgono al periodo precedente la seconda orribile guerra mondiale (ho compiuto quatto volte venti anni + uno) quando, per spasso, giocando con le mie sorelle, inventavamo i giocattoli.
Leggo di moltissime persone che, vissute in quel periodo, si sono trovate nelle mie condizioni. Ci divertivamo con giocattoli inventati lì per lì (che non è la pubblicità di qualche prodotto). Le mie sorelle ed io, fingendo, di essere delle negozianti, costruivamo rudimentali bilance. Per farlo, utilizzavamo un breve listello di legno alle cui ali applicavamo due coperchi di lucido da scarpe e come fulcro impiegavamo il dorso di una scatola di fiammiferi svedesi (vuota, naturalmente). Come pesi, utilizzavamo dei vecchi bottoni (che nelle case di un tempo non mancavano mai). Mia sorella Mina, un po' più grande, era riuscita a costruire una minuscola cassettiera, servendosi di otto scatoline vuote (sempre di fiammiferi svedesi) incollate una all'altra.

Forse non era molto ma noi ci divertivamo moltissimo nel riporre, farina, riso, farina di mais, qualche pezzetto di pasta. Mi trasformavo, così, in una provetta fainotta. Forse mi accontentavo di poco ma mi divertivo lo stesso.
Grazie per l'ospitalità. A lei ed ai suoi collaboratori l'abbraccio di una nonna.

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