Se il centro storico viene scambiato per un wc pubblico

Se il centro storico viene scambiato per un wc pubblico

(...) Sono allegre quanto basta per non accorgersi che sto per imboccare il loro stesso vicolo e in un momento, per omaggiare la tradizione della via, ecco che una di loro si cala le braghe. «Ehi chica, todo bien», le dice l'amica per rassicurarla che non c'è pericolo di essere vista, e che avrebbe potuto tranquillamente fare i propri bisogni lì, all'aria aperta, sotto il cielo settembrino di Genova. L'altra s'accuccia e l'idea che io stia passando accanto a lei, non la turba minimamente. Si tira su la gonna, giù le mutande e solo quando cerco di spiegarle che questo non è un bagno pubblico, si ricompone. Cerca di farfugliare qualcosa in una lingua che è un misto tra italiano e spagnolo, come a dire che qui, in vico delle Carabaghe tutti fanno pipì, si sa, basta vedere le tracce lasciate prima di lei, e come darle torto. Poi scompare più in alto, giusto per togliersi dalla vista dell'intruso, e s'accuccia di nuovo.
Scena numero due: Salita del Prione, centro storico, accanto a piazza delle Erbe e appena sbucati da vico delle Carabaghe, appunto. In mezzo alla strada c'è il solito giocoliere che armeggia con un bastone. Sta nel passaggio, così per scansarlo, mi sposto dal lato dove ci sono le impalcature per costruire l'asilo di piazza delle Erbe. E distrattamente butto un'occhiata verso i cassonetti che sono stracolmi di spazzatura come sempre e come sempre puzzano da morire, con la rumenta abbandonata per terra. Alzo gli occhi e lì accanto a un sacco dell'immondizia seduto sui gradini del portone d'ingresso di una casa, c'è un ragazzo. Penso che sia il solito ubriaco che staziona raso terra, come sempre accade nei giorni di movida e non, con la testa ciondoloni. Poi guardo meglio, e vedo che si sta bucando con una siringa. Il cane accanto, il giocoliere davanti a lui, i fazzolettini pieni di sangue ai piedi. E il resto del mondo che gli cammina vicino, come se niente fosse. Non c'è l'ombra di un vigile, di una pattuglia, di un sorvegliante, ma non perché la città debba essere «militarizzata», termine cavalcato e strumentalizzato da sinistra e ben pensanti. Ma perché la città dovrebbe essere un posto sicuro, civile e decoroso in primo luogo, dove tutti hanno il diritto di camminare per strada di giorno e di sera, senza dover assistere loro malgrado a scene raccapriccianti,siano esse il tossico che si buca o i compagni d'Erasmus che si calano le braghe e fanno pipì per strada. Senza dover scansare ogni genere di rifiuti lasciati a decantare per giorni sul pavimento delle vie così che ormai ne sono diventati parte integrante. Senza rischiare di mettere un piede su escrementi umani e animali ad ogni passo. E senza dover essere costretti di metro in metro a valutare un pericolo ogni volta diverso per la propria inculumità. Dovrebbe, il condizionale è d'obbligo. Perché a camminare nel «presente», invece, si ha l'impressione che Genova abbia cancellato dal suo vocabolario queste priorità.
Scena numero tre: giovedì mattina. Torno sul «luogo del delitto», in Salita del Prione. I resti della notte sono ancora per strada alle undici del mattino. I fazzolettini pieni di sangue del ragazzo che si bucava, accanto i cassonetti della spazzatura con la spazzatura ovviamente fuori dai contenitori e una puzza insopportabile. Gli operai del cantiere di piazza delle Erbe dicono che sono due o tre mesi che hanno iniziato a ritrovare le siringhe in giro. Loro fanno quello che possono, le portano via e le buttano, così come buttano anche i sacchi dell'immondizia che gli lanciano dalle finestre. Ma certo non reintra nei loro compiti, dovrebbe essere l'amministrazione ad intervenire per tenere pulita la città e non gli operai di un cantiere. Anche qui, il condizionale è d'obbligo.
Ma se per caso un bambino fosse sfuggito alla presa della mamma e fosse andato in quell'angolo a rovistare con le mani, in mezzo ai fazzolettini sporchi o semplicemente se fosse caduto in mezzo alla strada con le strisciate di pipì ancora fresche dalla notte prima?
Ritorno anche in vico delle Carabaghe. Lungo la salita, la rientranza del muro di un palazzo è stata trasformata in un cestino. Poco più avanti, verso la fine del vicolo, c'è un sacco di rumenta abbandonato in mezzo alla strada, come se nulla fosse.

E dove facevano pipì le spagnole? La fontana all'angolo della via è un deposito di rifiuti: bottigliette, lattine, mutande sporche di pupù, e poco più avanti anche i fazzolettini usati per pulirsi. Benvenuti in vico Calabraghe, benvenuti nel centro storico di Genova.

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