Se l'importante è il peggio per gli altri

(...) Insomma, ottimismo e solo ottimismo. Vi leggo quanto scriveva l'inviato Gregoretti: «L'Europa è alle porte e ai concittadini di Cristoforo Colombo non va proprio di restarne fuori. Presto avranno il “supertreno” che collegherà in 50 minuti la città di Milano e battendo sul tempo Torino, entrerà in funzione la linea metropolitana, sta per diventare operativo il porto commerciale di Voltri e già si parla di trasformare l'enorme area dell'ex Italsider di Cornigliano in un gigantesco spazio per il terziario».
Sono passati vent'anni: avete per caso visto un qualunque «supertreno» per Milano? E che dimensione ha la metropolitana? E il «terziario gigantesco» dove è finito? E quanto rende il porto commerciale di Voltri? La premessa va fatta nel momento in cui, a Genova, si parla di una nuova, grande, opera urbanistica, in questo caso lo stadio. Dunque qualche remora esiste sulla certezza che Garrone possa costruire questa benedetta cittadella dello sport.
Purtroppo in vent'anni a Genova non è successo niente, quindi qualche venatura di pessimismo è giusto portarla alla ribalta. Ma bisognerebbe anche finirla di «non fare più niente» in città, continuando a promettere e poi a bloccarsi. Vent'anni fa il sindaco era un certo Merlo che aveva persino dato numeri sbagliati circa i biglietti venduti alle colombiane, finendo nei guai. Oggi il sindaco Doria, non farà certo questi errori, ma speriamo non ne faccia uno ancora «più» clamoroso: dire, come ha detto, che il confronto è aperto e poi... chiuderlo con decisione! Il «sindaco travicello» lo stiamo conoscendo bene. Dunque, tanto per essere chiari, questo «stadio» non dovrebbe avere neppure un «ni», ma invece solo un «sì» chiaro e netto. Per queste semplici ragioni:
A) Finalmente Genova avrebbe una struttura a livello internazionale con la possibilità di un vero rilancio della città, non solo calcistico, ma anche dal punto di vista turistico. Lo sport è un fatto assolutamente trainante per il turismo. E Genova che vorrebbe tanto trovare una sua «identità» anche turistica ne trarrebbe grande vantaggio. I nostri governanti non hanno mai capito che lo sport è importantissimo per rilanciare il turismo: vi ricordate, al di là del calcio, quando anche la pallacanestro era «nazionale» con l'Emerson genovese? Migliaia di migliaia di persone. E basta che (purtroppo raramente) avvenga qualche «evento» importante perché arrivino in città persone da tutte le altre regioni. Dunque una struttura che comprenda lo stadio, la fiera, un palasport particolare e poi davanti il mare, farebbe l'invidia di tante altre città...
B) Ormai l'esigenza per una società di calcio di avere un stadio di proprietà è diventata impellente. Non lo diciamo noi, lo dicono gli esperti studiosi di sport di massa. Lo stesso nuovo presidente del Coni, Malagò, a Genova ma anche ad ogni visita che sta facendo agli impianti sportivi italiani, sostiene, quasi grida la sua assoluta convinzione che è necessaria una «legge per gli stadi». Evidentemente i Garrone avevano visto lontano, già da anni. Ma, si sa, Genova è tarda. Pensate: è stato bocciato il progetto Sestri perché, si diceva, l'aeroporto aveva bisogno di spazi. Li state vedendo quali sono gli spazi del nostro aeroporto? Sempre più piccoli e voli sempre più rari: per andare a Olbia tutti i giorni bisogna aspettare un mese e mezzo, solo d'estate. Dopo i tanti «no» ricevuti, fossimo i Garrone, avremmo lasciato perdere di fronte all'indifferenza, alla pigrizia, e perché no anche a certi «veti incrociati» o, come diceva Duccio, ai «poteri forti» della città Alla malora...


C) Ultima osservazione: ma per quale ragione si dovrebbe dire «no» ad una realizzazione eccezionale, fatta con soldi solo privati senza impegni finanziari delle Istituzioni, le quali potranno solo vantarsi di avere, durante il loro mandato, rilanciato la città, l'area fieristica, il Porto Antico? Ma la verità, sapete, di questi nostri governanti è la seguente: non amano che altri facciano cose bellissime, ma almeno le facessero loro.
Morale: non le fa nessuno. E Genova sprofonda. Il genovese lo sappiamo ragiona così: non è tanto importante che vada bene io, ma che vada male il mio vicino!». Coraggio.

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