Cronache

«Viva Genova», il grido d'amore di Garrone

«Molti di voi ricorderanno com'era qui fino a qualche anno fa, quando c'era la raffineria. Sono pochi invece quelli che ricordano il posto prima della costruzione della raffineria, nel 1947». È un Riccardo Garrone con gli occhi lucidi, siamo nel 2004, quello che parla alla cerimonia dedicata a intitolare una strada a suo padre: «Ora - prosegue - , nel posto dove c'erano prima campi e terrazze, e poi quell'impianto industriale che ha dato lavoro e ricchezza alla mia famiglia e a tutta la città, sta nascendo un nuovo quartiere».
Genova ha conosciuto ormai la netta contrazione del proprio apparato industriale: dai 92.841 occupati del settore manifatturiero del 1981, ai 59.102 del 1991. L'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl, nel 1986, e il referendum del 1987 hanno imposto all'Ansaldo un cambio di strategia. Sono rimasti 8000, nel 1987, i dipendenti delle imprese Finmeccanica, a Genova. La siderurgia registra chiusure di impianti non più adeguati (lo stabilimento di Campi, il laminatoio a caldo di Cornigliano) e le prime privatizzazioni: Cogea e poi gruppo Riva. I conti Fincantieri (quasi 5.000 addetti a fine 1987) sono in rosso. Le uniche buone notizie dall'elettronica: con i risultati di Elsag, mentre Esaote Biomedica sviluppa una promettente attività nel campo della produzione di apparecchiature biomedicali. La città conosce con la deindustrializzazione un forte confronto di interessi industriali, portuali o, più semplicemente, immobiliari attorno alla partita delle aree. Fiorisce una nuova progettualità. Pensiamo a Cornigliano ed al complesso siderurgico: tra il 1986 ed il 1988 la presentazione di «Utopia», progetto di una città leggera che prevede la riconversione industriale e la rinascita urbana. A promuoverla, il presidente Finsider Giovanni Gambardella. Sempre nei secondi anni '80 il progetto per la «Technocity del Ponente Genovese» (comparti produttivi di Sestri Ponente-Calcinara) verso una Genova «città dell'elettronica industriale». Ma l'unica partita che riesce interessa l'area del porto antico, ormai inadatta al traffico marittimo delle grandi navi porta-container o passeggeri, e destinata a ospitare l'Expo, l'Acquario, i primi passi di un turismo che aveva conosciuto solo il cimitero di Staglieno.
Nella sfida dei nuovi sogni, nella ricerca di segni cui affidare nuovi destini Riccardo Garrone è in prima fila. Nel 1983, la sua elezione a Presidente dell'Associazione Industriali rappresenta una svolta nella città. Tra il '79 e l''81 la cultura riformista ha conosciuto in Italia una prima fioritura e il mondo dell'impresa torna ad un nuovo protagonismo dopo il decennio buio del terrorismo e dell'inflazione a due cifre. Garrone è alla testa di un gruppo destinato a crescere sempre più, a diventare player del mercato mondiale. Le parole della politica tornano schiette e dirette. Paragonato all'orrore di oggi, il decisionismo di ieri è una virtù dismessa. Garrone vorrebbe parlare quella lingua: interpreta il suo triennio immaginando dapprima una Disneyland europea - una Bilbao dei ragazzi - e poi il lancio, nel 1987, del progetto Viva Genova. Un riassetto complessivo del polo petrolifero cittadino con una Valpolcevera, tradizionale territorio di insediamenti industriali, che vi appare ridisegnata: spariscono le raffinerie del gruppo, anche in omaggio al patto che, nel 1979, Garrone, enti locali, e sindacato hanno siglato.
«Mega progetto dei petrolieri per genova», è il titolo de L'Unità a commento di quel 23 luglio 1987 in cui Giuliano Ferrara presenta ai genovesi «Viva Genova». Vi si parla del riassetto integrale del sistema petrolifero genovese, a fronte di un investimento dell' ordine di 110 miliardi con la conseguente liberazione di 500 mila metri quadrati di area urbana, per l' insediamento di attività produttive e di servizio che comporteranno oltre 500 miliardi di investimenti e 2400 nuovi posti di lavoro. «È questa l'ambiziosa cornice del progetto presentato agli enti locali da Riccardo Garrone, presidente e amministratore delegato della Erg. Un progetto elaborato di concerto con le principali aziende del settore, pubbliche e private, dell'area genovese (Snam e Agip del gruppo Eni, Carmagnani, Superba, Comita), gli attori del principale polo petrolifero italiano».
Per un curioso scacco della storia la famiglia che più ha ferito quella Valle ora la vorrebbe restituire a nuova vita, immaginando la città post industriale dei servizi, della cultura e della scienza anche. Sì perché a presentare Viva Genova c'è anche Vincenzo Tagliasco un giovane professore di bioingegneria, un grande talento, amico della cultura del fare. Ma la città non vuole ed in questa - come in altre storie - c'è l'antropologia della sua decadenza. La buona idea non avrà mai seguito, la sua bocciatura sarà rapida… ufficializzata nel 1991.
Senza più il consiglio, l'intelligenza e la moderazione di Antonio Canepa - l'unico che avrebbe traghettato vincente l'operaismo socialista verso la modernità e tenuto a bada il Pci delle fabbriche e del porto - Garrone combatteva in quegli anni cruciali una battaglia solitaria.
Viva Genova è soprattutto l'inno di un imprenditore che, nel nome del padre Edoardo (da cui deriva l'acronimo Erg: Edoardo raffineria Garrone), ha immaginato un nuovo futuro per la sua città, come nelle grandi Fondazioni americane cercando di legarlo al nome della sua famiglia. Viva Genova è un grido d'amore per la sua città, un grido che continuerà nel cuore di Garrone. Nonostante la sua grande generosità (Carlo Felice, Fondazione Garrone, Sampdoria) gli regali nuovi lampi, nuove gioie e dolori.

Viva Genova! Lo gridino ancora i suoi figli - contro tutti noi - illuminando ancora di mecenatismo e di buone cose il cielo di questa nostra Superba.

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