Nei primi secoli dell'impero romano, il nome Liguria indicava quella regione - compresa fra il fiume Varo, le Alpi Marittime e Cozie, il Po, la Trebbia e il Magra - che rispecchiava il più significativo dispiego dell'omonima popolazione. Nel IV secolo questo concetto venne esteso alla Lombardia, mentre nel Medioevo si formò un'idea, quella di Liguria dialettale, che ricalcava la piccola area di espansione continentale del comune di Genova. Se in rapporto alla dimensione etnica vennero poste le premesse culturali affinchè si modellasse l'idea di un territorio «organico» chiamato «Liguria», furono autentiche visioni strategiche a ridisegnare quel lembo d'Europa che oggi porta questo nome. Fu in funzione anti-pisana, ad esempio, che l'estremo levante divenne area d'influenza genovese. A Genova interessava controllare le riviere in chiave di «competizione» con paesi rivali o, anche, in chiave di contenimento delle mire «marittime» degli Stati padani. È il caso del turbolento Ponente, tradizionale mira dei piemontesi che non lesinarono alcun mezzo per garantirsi la condizione principale di una politica di espansione: un ampio sbocco al mare.
La Liguria amministrativa odierna - pur decurtata nel 1859, a seguito della legge Rattazzi, del novese e della Val Borbera - rispecchia così la storia e la geo-politica interna dell'antica Repubblica marinara.
Oggi che si ritorna a discutere di «cultura del territorio» e che l'attenzione della geografia politica si rivolge fortemente all'idea di regione, appare doveroso ridiscutere il regionalismo italiano - nelle forme e nelle modalità in cui è emerso (...)
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