RomaSi guardano negli occhi, appartenendosi al primo sguardo, mentre, alla stazione, calano freddo e buio. Poi fanno il bagno, abbracciati nella vasca e mangiano i popcorn dalla stessa scodella, insieme sul divano, stretti stretti davanti alla tivù. Ovvio che la moglie di lui simpensierisca, chiamando Hachiko «ospite di passaggio» e non vedendo lora di sbarazzarsene. Ma quel cane di gran razza, con le orecchie a punta, il muso angoloso e lespressione intelligente, che il professor Parker sè portato a casa, allimprovviso, sarà il compagno inseparabile delluomo, scelto fra tanti come padrone da una bestiola unica, spedita dal cielo. Con buona pace di moglie e figlia, che dalla finestra guardano i due, il serio prof (Richard Gere) e il cane, un hakita con 4.000 anni di pedigree, rotolarsi sul prato, felici. Preparate i fazzoletti, allora, per quando Hachiko-A Dogs Story, delicato film dello svedese Lasse Hallstrom (Chocolat, Le regole della casa del sidro, Casanova), dopo Natale uscirà sugli schermi. Intanto, ieri il battesimo allAuditorium, fuori concorso e nella sezione Alice, dedicata ai ragazzi.
E invece, questo remake Usa di Hachiko Monogatari, pellicola giapponese di Seijiro Koyana, datata 1987 e ispirata alla vera storia di Eisaburo Ueno, docente allUniversità di Tokyo negli anni Venti, legato al suo cane da un vicendevole amore, pare più adatta agli adulti. «Solo alla fine ci siamo accorti daver girato un film per adulti, non per bambini. Anzi, posso rivelare daver scelto di recitare in Hachiko, perché ho pensato: ecco, finalmente faccio un film per mio figlio, che ha nove anni, e per il mio cane», ha spiegato Richard Gere, protagonista alla pari con il suo Hachi, che lui massaggia, addirittura, chiudendosi con esso in una relazione speciale, fatta di occhiate, risate, carezze e protezione. E fa uno strano effetto incontrare licona sexy degli anni Ottanta, lAmerican Gigolò, che ha duettato con le più belle dive di Hollywood, da Julia Roberts a Kim Basinger e Wynona Ryder, oggi un elegante sessantenne, pacificato con se stesso e con la sua impeccabile carriera. I capelli bianchi mostrano una scriminatura profonda, al centro della testa; le mani, che un tempo accarezzavano Sharon Stone o Uma Thurman, appaiono un po gonfie per lartrite, ma suscitano tenerezza, quando strapazzano il pelo corto e folto di Hachi, cane-simbolo di valori arcaici. E, comunque, la famosa camminata pelvica gli è rimasta: stavolta gli serve per stare al passo del suo cane. «Anchio ho un cane: ne ho sempre avuti tanti. Ho una mia foto, a un anno, carponi con Clipper, un cocker spaniel, il mio primo amico. Dopo, è arrivata Billie, una femmina, chiamata così in onore di Billie Holyday. Il cane è un compagno davvero speciale e la relazione che instauriamo con esso è qualcosa di spirituale. È come essere amici da diverse reincarnazioni», dice il divo dorigine ebraico-irlandese, dal 2002 sposato con Carey Lowell, dalla quale ha avuto Homer.
Nel film lo vediamo in gilet e camicia a scacchi, vestito da tipico professore americano, che prende il caffè al baracchino degli hot-dog, seguito da Hachi. E la sera, quando lui torna dalluniversità, Hachi lo aspetta davanti alla stazione, fermo nello stesso punto in cui la bestia fedele rimarrà, per dieci anni, dopo la morte del padrone.(A Tokyo, alla stazione di Shibuya, una statua di bronzo raffigura il vero Hachiko, morto l8 marzo 1935). «Lavorare con il cane non è stato difficile, non abbiamo neanche dovuto addestrarlo. Ci siamo comportati come con i bambini, aspettando momenti di vita e di realtà, che puntualmente arrivavano. Cè voluta pianificazione. Abbiamo creato un ambiente di fiducia. La storia parla di accettazione, compassione, amore. Tutte queste cose ci rappresentano, quando ci guardiamo, nudi, allo specchio.
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