La Germania trema poi travolge il Costarica (4-2)

C’è stato un momento in cui non sapevi se metterti a ridere oppure chiudere gli occhi e pensare a un tempo che se ne è andato, lontanissimo. Nell’enorme pneumatico che è l’Allianz Arena di Monaco in Baviera è spuntato un piccolo uomo, vecchio, ingobbito (da giovane la sua schiena era già curva), stortignacolo, aveva i capelli impomatati come ai tempi belli, i baffetti leggerissimi; zigzagava, gli accadeva nel dribbling, stavolta il suo era un procedere stanco, quasi nel vuoto che gli ronzava di fianco e di sopra, cervava un rifugio, una tana, un’uscita. Era Alcide Ghiggia, a rappresentare l’Uruguay, insieme con Juan Carlos Gonzales, reduci di quel meraviglioso mondiale del Cinquanta, con Barbosa e il Brasile a mangiare l’erba del Maracanà.
Poi sono arrivati i quattro italiani. C’era Antognoni di oggi, ugualissimo all’Antognoni dell’altro ieri, c’era Dossena con la sua smorfia di sorriso da sempre e camminava con i piedi aperti, di lui Bearzot diceva che quando correva in campo sembrava pigiasse l’uva nel tino dopo la vendemmia; c’era Beppe Bergomi austero e dottorale come ormai è diventato e c’era Selvaggi, detto Spadino, quello che nell’Ottantadue, alla casa del Baron di Pontevedra, noi cronisti maligni, dicemmo che scrivesse cento cartoline al giorno dalla Spagna ai suoi amici italiani per informarli di dove si trovasse mai, non avendo messo il piede in una partita che fosse una.
Quattro azzurri, in zattera, mentre sfilavano cento tedeschi gloriosi, e i francesi numerosi facevano il solito allonsenfants, tanti gli argentini e il carnevale brasiliano come da repertorio e many, many inglesi.
Potevamo fare di più, potevamo fare meglio, noi italiani. Ma, si sa, i nostri hanno mille impegni. Ci sono quelli che fanno gli opinionisti in tivvù, di Stato, satellitare, regionale. Ci sono quelli che rifiutano le parate pur avendone effettuate mille in carriera (Dino Zoff), ci sono quelli che ancora allenano una nazionale azzurra e che del mondiale vinto a Madrid conservano una fotografia bellissima, Claudio Gentile, per dire. Non pervenuti.


La federazione italiana in questi tempi non ha testa per le sfilate se non quelle davanti ai giudici. La Fifa si è affidata a conoscenze e consulenze di affetto e di agenda personale. E così i tricampioni del mondo, gli azzurri d’Italia, erano ridotti all’osso. Peccato. Sarà per il prossimo mondiale in Sudafrica.

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