Per ora è un solo fantasma, tutti ne parlano e nessuno la vede. Ma a dispetto della sua vacuità la tregua ha già un nome, una forma e una durata. Si chiama proposta Kouchner, in onore di Bernard il ministro degli Esteri francese che l'ha proposta, deve durare 48 ore e facilitare l'afflusso d'aiuti umanitari nella Striscia di Gaza. Il fantasma circola da lunedì, ma da ieri illude, incanta e si propaga. Ieri è stato al centro del vertice serale dell'Unione Europea di Parigi ed è evoluto in una proposta di cessate il fuoco a tempo indeterminato. «I ministri degli Esteri dell'Unione Europea hanno chiesto un cessate il fuoco permanente a Gaza per consentire un accesso umanitario», annuncia lo stesso Bernard Kouchner. E ieri pomeriggio, mentre i cacciabombardieri martellano i tunnel di Rafah al confine tra Gaza e l'Egitto, la proposta contagia anche i vertici di Tsahal, l'esercito israeliano. «Raccomandiamo al premier Ehud Olmert - dichiara un alto ufficiale - un cessate il fuoco di 48 ore sulla base delle iniziative francesi per verificare se Hamas sia pronto a interrompere il lancio di missili». La dichiarazione diffusa prima del vertice di Parigi appare fuori tempo. Mezz'ora dopo i vertici di Tsahal precisano di non aver mai raccomandato una sospensione delle ostilità.
Olmert ricorda che l'offensiva proseguirà fino a quando tutti gli obbiettivi saranno stati raggiunti. «L'offensiva di Gaza è appena iniziata e non finirà fino a quando non avremo raggiunto i nostri obbiettivi», dichiara il premier. Insomma, almeno a parole, piena sintonia con il ministro della Difesa Ehud Barak secondo cui «l'operazione si espanderà fino a quando sarà garantita la tranquillità degli israeliani». In guerra e politica accennare ad una possibilità equivale, però, a trasformarla in mezza realtà. Ehud Barak, che ieri notte ha partecipato ad un vertice con Olmert, sarebbe, in verità, assai favorevole al progetto di tregua francese ed europea. «Vogliamo i convogli di aiuti umanitari e siamo pronti a lavorare con tutte le parti pronte a facilitare quell'obbiettivo», fa sapere il portavoce dell'esecutivo israeliano Mark Regev.
A confermare l'apertura israeliana contribuiscono anche i piani del ministro degli Esteri Tzipi Livni che a Capodanno sarà a Parigi per un vertice con il presidente Sarkozy. Questultimo è atteso in Israele il 5 gennaio. L'ipotesi di tregua, per quanto negata e smentita, potrebbe dunque approdare al tavolo del gabinetto di Sicurezza israeliano chiamato oggi a discutere i piani per un'offensiva di terra. L'attacco terrestre, nonostante i carri e i soldati parcheggiati ai quattro angoli della Striscia, non è ancora una certezza. Il nostro ministro degli Esteri Franco Frattini è il primo a considerarlo poco probabile e a ripetere che Israele non avrebbe intenzione di «lanciare un attacco di terra su Gaza».
Sul fronte della guerra combattuta nulla fa, però, presupporre una sospensione delle ostilità. Le incursioni dei cacciabombardieri israeliani contro i tunnel nella zona di Rafah di ieri sera sono state precedute lunedì notte dalla distruzione di cinque edifici e ministeri simbolo della presenza di Hamas nella Striscia. «Ci hanno bombardato con altri 17 missili, qui nessuno esce più dalle cantine», si lamenta Ziad Koraz, un abitante della Striscia la cui abitazione è stata danneggiata dalle bombe.
Il nuovo incessante martellamento dei tunnel preceduto dal "niet" egiziano a qualsiasi apertura del valico di Rafah rischia di strangolare Hamas e privarla del flusso di rifornimenti indispensabile per contrastare un attacco di terra israeliano. Proprio la riuscita strategia dello strangolamento potrebbe aver indotto i vertici di Tsahal a metter sul tavolo l'ipotesi di una tregua. In questo momento il "cessate il fuoco", secondo alcuni analisti, gioverebbe anche ad Israele perché eviterebbe il ricrearsi di una situazione d'insicurezza simile a quella registrata durante gli attacchi missilistici di Hezbollah nell'estate del 2006.
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