Gesù non era un rivoluzionario, non faceva
politica e nemmeno sindacato o lotta di classe. Finalmente il Papa ha
liquidato un’insopportabile retorica in vigore dal tempo del Concilio
Vaticano II, con il suo sciame di preti agitatori e politicanti, parroci
d’assalto come pretori divini,predicatori di un Cristo che somiglia
troppo a Che Guevara. Quante volte avete sentito dire che Cristo è
stato il primo rivoluzionario della storia, un sessantottino ante
litteram, un pacifista, anzi un comunista sdentato che aggrediva il
mondo non a morsi ma a rimorsi. E quanti preti si sono considerati
compagni di lotta e di denuncia, più che pastori di anime. Benedetto XVI
nel suo nuovo libro dedicato a Gesù restituisce
Dio all’eternità e non lo costringe nella prigione del tempo; riporta
la resurrezione di Cristo alla vita eterna e non la riduce a riscatto
sociale. Il Gesù di Ratzinger non fa politica e distingue la religione
dall’escatologia rivoluzionaria. Non confonde l’incarnazione con la
militanza e libera la vita dalle utopie dei paradisi in terra, di chi
vorrebbe imporre agli uomini, nel nome di Dio o di un suo supplente,
una verità storica assoluta.
Così il Papa separa il messaggio
cristiano da due tipi di fanatismi: quello teocratico, che in nome
di Dio decide sulla vita e la morte altrui, e quello ideologico che nel
nome di una divinità storica - il Progresso, la Rivoluzione, l’Umanità
- , si arroga il diritto di parlare e agire nel nome
del Bene e condanna il proprio nemico come agente del Male. La
religione non può tradursi in politica, ma la politica può ispirarsi a
principi e tradizioni religiose. Non è la frittata rovesciata ma
proprio il suo contrario: perché chi si ispira alla religione non si
sente il concessionario in terra del Signore, non dispone del mondo
nel nome di Dio. È un uomo fallibile che liberamente si ispira a
principi superiori, ha passione di verità ma non ne è il detentore.
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