Gheddafi: i pirati somali difendono il cibo dei loro bambini

Nairobi La pirateria non è un atto d’illegalità, ma «è una risposta all’avidità dei Paesi occidentali, che invadono e sfruttano illegalmente le risorse ittiche della Somalia». Lo ha detto il leader libico Moammar Gheddafi, eletto lunedì scorso alla presidenza annuale dell’Unione africana, durante la sua visita al quartier generale dell’Ua. «Non è pirateria, è autodifesa. Difendono il cibo dei bambini somali», ha aggiunto il leader libico, citato dal quotidiano keniano Daily Nation. Gheddafi ha quindi puntato il dito contro flotte europee, americane e cinesi che entrano nelle acque somale approfittando dell’assenza di una moderna forza di difesa africana, capace di respingerle. Oggi, i somali stanno reagendo per avere giustizia e difendere il loro Paese dallo sfruttamento illegale delle sue risorse, ha proseguito, e i Paesi occidentali bollano tale iniziativa come pirateria.
Appena l’altro ieri si era concluso con il pagamento di un riscatto di 2,5 milioni di euro, chiusi in una valigetta lanciata col paracadute, e con la liberazione dei 20 membri dell’equipaggio, il sequestro del cargo ucraino Faina da parte di pirati somali, una delle prese di ostaggi più lunghe e spettacolari nella storia della pirateria locale, anche per il suo «misterioso» carico militare. La vicenda, cominciata il 25 settembre scorso, ha tutti gli ingredienti di un thriller: il capitano russo del vascello, Vladimir Kolobkov, morto d’infarto pochi giorni dopo l’assalto e conservato in un frigorifero; le minacce di morte ad un equipaggio da ex Urss, imbarcato su di una nave battente bandiera del Belize e di proprietà di un armatore israeliano; il riscatto «volante»; il carico militare (33 tank d’assalto T-72 di epoca sovietica e almeno 14mila munizioni) di dubbia destinazione. I pirati, che dopo aver scoperto l’importanza del carico avevano chiesto inizialmente 35 milioni di dollari, non hanno confermato l’entità del riscatto pagato dall’armatore: «Non si tratta di una grossa somma, ma di qualcosa per coprire le nostre spese», ha detto il loro capo, Sugule Ali.
Incontrando il personale dell’Ua, Gheddafi ha quindi presentato il suo programma per la guida dell’organizzazione, sottolineando che cercherà di persuadere gli altri leader africani a chiedere risarcimenti per i crimini commessi e lo sfruttamento subiti dai loro ex colonizzatori.

Il leader libico ha portato ad esempio quanto Tripoli ha ottenuto dall’Italia: Roma pagherà 250 milioni di dollari all’anno per 20 anni. «Durante il mio mandato all’Ua, avvierò una procedura per il risarcimento dell’Africa e lotterò per far sentire con più forza la voce dell’Africa al Consiglio di sicurezza dell’Onu», ha aggiunto.

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