Marianna Bartoccelli
da Roma
Sarà lesame del Dna a chiarire definitivamente se Andrea Ghira, uno dei tre massacratori del Circeo, è realmente morto per overdose 11 anni fa e sepolto nellenclave spagnola di Melilla. Per la famiglia, per la polizia spagnola e per gli inquirenti italiani, infatti, il corpo del caporal maggiore della legione straniera del «Tercio», Testa De Andres, sepolto nel cimitero di Melilla, è in realtà quello di Andrea Ghira, lunico latitante dei tre massacratori del Circeo. A provarlo sarebbero le impronte digitali. Sembra arrivare così ad un punto la terribile vicenda del massacro delle due ragazze Donatella Colasanti, rimasta viva perché si finse morta e Rosaria Lopez, che invece non resistette alle torture dei tre in quella terribile sera al Circeo. Se Ghira risultasse essere realmente morto, potrebbe forse calare il sipario. Angelo Izzo, infatti, uno dei tre, considerato detenuto modello, venne lasciato in libertà vigilata giusto il tempo per assassinare altre due donne, la madre e la figlia di un suo compagno di cella. Oggi è nuovamente in carcere, così come il terzo, Gianni Guido. Anche lui, dopo un patteggiamento con le famiglie delle vittime, e dopo un tentativo di fuga, torna in carcere e si trasforma in detenuto modello. Ma lampia libertà di cui gode nel carcere di San Gimignano gli serve per una nuova fuga. Verrà ritrovato nel 1985 e arrestato. Subito dopo nuova fuga, stavolta a Panama. Definitivamente arrestato nel 1994.
La notizia della morte di Ghira è stata data da alcuni familiari che si sono ritrovati indagati con laccusa di coprirne invece la fuga. Dopo una perquisizione a casa da parte dei Ros, disposta dalla Procura di Roma convinta che il latitante era rientrato spesse volte in Italia, i parenti hanno raccontato che il loro congiunto era morto sotto falso nome per overdose 11 anni fa. A riprova hanno consegnato foto e documenti e fornito indicazioni sulla sepoltura del congiunto. «Non ci credo assolutamente. Sono solo chiacchiere per depistare. Basta coi depistaggi!», è stata la reazione di Donatella Colasanti, la donna superstite al massacro.
«Le ricerche - dice - vanno fatte a Roma. Chi prova ancora a depistare si prenderà le proprie responsabilità, così come chi lo ha aiutato nella latitanza. Nel '95 Ghira era a Roma ed è qui che va cercato», è la sua accusa precisa. Così anche Letizia Lopez: «Morto? Non ci credo». «Come mai - si chiede la sorella di Rosaria - il consolato spagnolo nel 1994 non avvisò il consolato italiano della morte di questo ragazzo, Massimo Testa. Perché non hanno mai cercato i parenti? Dietro cè sicuramente qualcosa.» E aggiunge: «Voglio giustizia, voglio la verità, voglio lesame del Dna». Anche Letizia Lopez sostiene che Ghira si trova a Roma, protetto dai familiari: «Se Ghira è morto se la dovrà vedere con Dio, ma la madre se la deve vedere con me. La famiglia Ghira dovrà pagare. Quando fuggì Guido addirittura venne coinvolto un primario, perché loro sono ricchi e pagano, mentre noi siamo gente di borgata...». Le indagini della polizia italiana adesso puntano allesame del Dna per avere la conferma che luomo morto il 9 aprile del 1994 sia realmente Ghira.
Andrea Ghira sarebbe entrato nel «Tercio», la legione straniera spagnola, fin dal 1976, un anno dopo il massacro del Circeo. Avrebbe mentito sulla sua età, togliendosi due anni. La storia è stata ricostruita ieri sera in Chi lha visto?, programma di Federica Sciarelli, che ha mostrato alcuni documenti inediti, che pongono domande inquietanti. Si dimostra l'ingresso di Ghira nel «Tercio» e poi a fianco della foto dell'uomo, ritratto con i baffi, i dati di Maximo Testa, figlio di Alberto e Annamaria, nato a Roma nel 1955, mentre Andrea Ghira è nato nel 1953. Il documento contiene anche altre informazioni, come quelle relative all'ingaggio di due anni. Un altro documento, invece, è quello che riporta la data in cui Massimo Testa è stato trovato morto, il 9 aprile 1994. Una settimana prima della data apposta sulla lapide, l'11 aprile del 1994.
Ieri mattina Cecilia Ghira, madre di Andrea, ha consegnato ai carabinieri alcuni documenti che proverebbero la morte del figlio.
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