Già fallita la prima missione del generale Prodi

L’ultima speranza: coinvolgere Cina e Russia. E Kofi Annan mette in dubbio che la guida del contingente spetti a noi

Gianni Pennacchi

da Roma

Per la prima volta da quando il governo ha incassato il sì del Parlamento alla missione in Libano, non ci sono comunicati o resoconti di telefonate, né dichiarazioni formali salvo una laconica e imbarazzata «conferma» del premier. Il quale poi, confessando di sperare in un coinvolgimento di Russia e Cina, rivela come i nostri siano sempre più soli nella ricerca di partner per la missione Unifil a terra. Pure Ankara che ieri avrebbe dovuto decidere l’invio di 5.000 asker, ha preso tempo dando ascolto alle perplessità dei suoi comandi militari. Il vertice straordinario del Consiglio europeo richiesto da Jacques Chirac, per trovare compagni di viaggio dal momento che Francia e Germania vanno ma restando in mare, è già sfumato: domani a Bruxelles, invece dei 25 ministri degli Esteri si vedranno gli sherpa del Cops, il Comitato politico di sicurezza. Così, a far da cuscinetto tra Hezbollah e Israele, ci son solo i 2.500 militari promessi solennemente da Palazzo Chigi. E a questa solitudine, s’aggiunge la beffa di veder mettere in dubbio anche l’assegnazione all’Italia del comando della missione.
Come uscirne par che nessuno abbia idea, dal momento che nel sud del Libano andrebbero schierati 3.500 soldati entro la fine d’agosto - mancano solo dieci giorni - e 15.000 per settembre. A Palazzo Chigi e alla Farnesina non sanno che pesci prendere dunque stan zitti. Ieri ha parlato il ministro della Difesa Arturo Parisi garantendo «una partecipazione significativa» della Germania, sorvolando sul particolare che Angela Merkel più della marina militare a pattugliare le coste libanesi, non manda. Nessun altro dall’Europa vuol partire, questa è la cruda realtà. Tanto che ieri si sono dovuti mobilitare gli Stati Uniti, con l’ambasciatore all’Onu John Bolton a proporre le regole d’ingaggio in una nuova risoluzione per convincere altri governi ad inviare truppe, e lo stesso George W. Bush a proclamare la «necessità urgente» di dispiegare la forza Unifil insieme alla decisione «al più presto possibile» sul comando e le regole di ingaggio. E con tono pacato, da Forza Italia Fabrizio Cicchitto annota che alla luce delle dichiarazioni americane «emerge che qualche uomo di governo in Italia si è finora mosso con presunzione e leggerezza, dando per scontato cose che chi conosce i problemi di cui si parla vuole ancora ulteriormente e saggiamente approfondire».
Così, la novità del giorno è la messa in dubbio del comando italiano della missione, sollecitato dal nostro governo, sponsorizzato dal premier libanese Fouad Siniora e da quello israeliano Ehud Olmert, visto con favore anche dalla Germania, assicura Parisi. Ma ieri la portavoce del segretario generale dell’Onu ha seccamente precisato che la decisione sul comando «spetta esclusivamente» a Kofi Annan, il quale nutre «piena fiducia» nell’attuale comandante, il generale francese Alain Pellegrini. E interpellato sul passaggio di comando all’Italia, il ministero degli Esteri francese ha fatto orecchie di mercante, rispondendo che «la composizione della forza Unifil non è ancora stata decisa». Dunque ieri sera, uscendo per far due passi a Castiglione della Pescaia, Prodi non s’è potuto sottrarre ai giornalisti appostati. «Va benissimo» quel che propone Bush, «non vedo nulla di nuovo rispetto al passato», ha risposto il premier trovando «tutto questo tranquillizzante». Il comando? «Kofi Annan mi ha chiamato oggi, e io ho confermato la nostra disponibilità».

Oh, finisse che partiamo solo noi, e ci facciamo comandare dai francesi? Ma per spezzare il cerchio della solitudine, Prodi ha un asso nella manica: coinvolgere in Libano anche Russia e Cina, «ne abbiamo parlato lungamente con Annan», ha rivelato. E non siamo alla canna del gas, ci mancherebbe... «Abbiamo preso in esame tutte le ipotesi».

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