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Giallo di Perugia, Lele al contrattacco 270 pagine per smontare le accuse

È frutto di un «errore macroscopico» in tema di interpretazione del Dna la sentenza con la quale il 5 dicembre scorso la Corte d’assise di Perugia ha inflitto 25 anni di reclusione a Raffaele Sollecito per l’omicidio di Meredith Kercher. A sostenerlo sono i difensori del giovane, gli avvocati Giulia Bongiorno e Luca Maori, nell’appello depositato ieri.
Un atto di 272 pagine per sostenere tra l’altro che in tema di analisi genetiche (uno degli elementi considerati chiave dall’accusa) «i giudici si sono sostituiti ai periti esprimendo giudizi tecnici che invece competevano agli esperti». Chiesta quindi una nuova perizia sulle tracce di Dna. Soprattutto quelle individuate dalla polizia scientifica sul coltello indicato come l’arma del delitto e sul gancetto del reggiseno indossato dalla Kercher quando venne uccisa. Nell’atto degli avvocati Bongiorno e Maori vengono «censurate» oltre una ventina di quelle che sono state definite violazioni procedurali. Si chiede inoltre la riapertura dell’istruttoria dibattimentale davanti alla Corte d’assise d’appello di Perugia (il processo potrebbe cominciare a ridosso dell’estate o subito dopo). I legali intendono infatti sentire nuovi testimoni, tra i quali Mario Alessi che ha sostenuto di avere ricevuto in carcere da Rudy Guede (già condannato a 16 anni di reclusione in appello per il concorso nell’omicidio) confidenze che escluderebbero la presenza sulla scena del delitto di Sollecito e di Amanda Knox (condannata a 26 anni di reclusione). Rivelazioni che però l’ivoriano ha smentito quanto è stato sentito dai pm di Perugia.


La difesa ha chiesto inoltre perizie sui computer sequestrati ai due giovani e un esame audiometrico per stabilire l’attendibilità di Nara Capezzali, la testimone che ha riferito di avere sentito un urlo e rumore di passi provenire dalla casa del delitto la notte in cui venne uccisa Mez.

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