Il giallo della sim scomparsa a casa Onofri

Andrea Acquarone nostro inviato a Parma
Mario Alessi, questo Giuda presunto assassino, continua a raccontare bugie. E probabilmente lo ha fatto anche ieri, nel carcere di via Burla, nella saletta dove, davanti a lui, sedeva sconcertato e perplesso il gip di Parma. Era arrivato poco prima delle 11 il giudice. Accanto a lui l’accusa, il procuratore Pietro Errede. Si dovevano interrogare gli accusati prima di decidere se convalidarne gli arresti. Quello di questo assassino travestito da rapitore, oltreché quello dei suoi complici. Due per ora, anche se sembra che il numero sia destinato a salire. C’è ancora un indagato che attende, il capomastro dei lavori a Casalbaroncolo.
Manca ancora un pezzo di verità al giallo che sta facendo piangere l’Italia. Nella prigione che ospita Alessi in una cella di massima sicurezza (per evitare che la legge dei detenuti faccia la propria, sommaria, giustizia) da sabato notte «abitano» anche la sua giovane compagna Antonella Conserva, 28 anni, pugliese nata in Germania - dalla quale Alessi 7 anni fa ebbe un figlio - e Salvatore Raimondi, balordo ventisettenne figlio di un siciliano che oggi non sa più dove nascondersi. Gestisce una rosticceria e una pizzeria, è divorziato dalla mamma di Salvatore, ha una nuova famiglia con un bimbo piccolo e adesso urla: «Di mio figlio non voglio sapere più niente, tagliategli la testa».
Intanto Alessi si arrampica sui vetri, cercando di farsi credere. Ripetendo la versione di sempre: «È stato Raimondi ad ammazzare il bambino. L’ho visto coi miei occhi». L’ennesima menzogna di questo muratore. E in un’ora e mezza di colloquio si prodiga in particolari: «Tommaso non piangeva. Quando lo abbiamo tirato fuori dallo zaino, era esanime. Raimondi è sceso verso il fiume Enza e ha cominciato a colpirlo con una cazzuola. Mentre era steso sull’erba. Due colpi in faccia. Che c...zo fai gli ho urlato? È un casino, è un casino - mi ha risposto - ...dobbiamo liberarcene. Mi sono spaventato, Salvatore ha cominciato a scavare per nascondere il corpo. In preda al panico l’ho aiutato. Era morto...».
Poi un altro atroce dettaglio, che emerge dalla deposizione di Alessi. La sera in cui fu portato via Tommy, i rapitori avrebbero lasciato sul tavolo di casa Onofri una scheda Sim, comprata sotto falso nome. Nella memoria c’era un messaggio con un numero di telefono da comporre per trattare la liberazione del piccolo. Nel trambusto, però, la tesserina sarebbe andata smarrita. L’avvocato di Alessi, Laura Ferraboschi, non risponde alla domanda su chi abbia progettato questo rapimento finito in omicidio: «Il mio cliente ha messo tutte le sue risorse per illustrare le modalità del fatto».
Durante l’interrogatorio si è tornati anche sui punti oscuri. A cominciare dalla presunta prigione dove avrebbe dovuto essere rinchiuso Tommy. Non certo quella nel cascinale tra Fornaio e Solignano, a 50 km da Parma, mostrata in tv. C’era anche una gabbia, ma non è quello il luogo in cui avrebbe dovuto essere nascosto Tommaso, come spiegano i magistrati della Dda, smentendo seccamente la notizia. Il procuratore aggiunto di Bologna, e coordinatore dell’antimafia, Silverio Piro, avrebbe voluto sapere altre cose dagli arrestati: l’uso delle scarpe. «Non so - aggiunge la legale - se in relazione ad alcune orme trovate in casa e sul luogo del delitto o magari per colpire il bambino».
Salvatore Raimondi invece si autoscagiona: «Non sono io l’assassino. Il sequestro doveva durare solo una notte. E Alessi ha sempre mentito: a me disse di avere strangolato Tommaso, ma mi chiese di tacere. Lo ricordo bene, era il giorno dopo, la mattina presto del 3 marzo: “A mia moglie devi dire che siamo caduti dal motorino. Il piccino è morto in un incidente”». La compagna di Alessi, poi, cerca di tirarsi fuori. «Ero all’oscuro di tutto. Non sapevo di alcun rapimento. Tantomeno vi ho partecipato». Oggi il gip di Parma convaliderà i fermi. Poi il pallino passerà al suo collega della Dda di Bologna. È sua la competenza di questo caso che non può considerarsi chiuso. Gli inquirenti continuano a indagare. A ritroso, anche su quella storia di 3 anni fa, che riguarda Mazzeo. Il nuovo compagno dell’ex moglie di Onofri, l’uomo che uccise a botte un suo garzone.

Restano in sospeso dei soldi spariti, passati forse nelle mani della signora Traina. Un gruzzolo che secondo qualcuno potrebbe avere a che fare con questo giallo. Mazzeo lo ha messo nero su bianco. Scrivendo ai giudici parmigiani.

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