La pergamena e il ciondolo. La verità sulla storia d’amore di Enrico VIII e Caterina d’Aragona

La recente visita di Carlo III in Vaticano ha riacceso l’interesse verso una delle pagine più discusse della Storia inglese

La pergamena e il ciondolo. La verità sulla storia d’amore di Enrico VIII e Caterina d’Aragona

Da una prospettiva politico-religiosa Re Enrico VIII (1491-1547) viene ricordato per lo Scisma Anglicano del 1534, mentre sul piano personale per la crudeltà e la volubilità dimostrata verso le sue sei mogli. Le due questioni furono una la conseguenza dell’altra, legate in maniera inscindibile, quasi fuse dal desiderio spasmodico del sovrano di avere un erede maschio. Una cieca volontà che avrebbe spinto Enrico a considerare le sue consorti soprattutto nella funzione di potenziali madri di un futuro monarca. Una recente scoperta, però, potrebbe riscrivere, almeno in parte, la storia del primo matrimonio del Re con Caterina d’Aragona (1485-1536), da cui ebbe origine la Riforma Anglicana.

Dallo Scisma Anglicano alla visita di Carlo III in Vaticano

Il 22 ottobre 2025 Re Carlo III e la regina Camilla sono arrivati in Vaticano per una visita storica. Il giorno successivo, infatti, Sua Maestà e Papa Leone XIV hanno pregato insieme nella Cappella Sistina. Per la prima volta in 500 anni il Capo della Chiesa Anglicana e il Pontefice si sono ritrovati uno accanto all’altro, uniti nella stessa invocazione divina. L’incontro, insieme alla proclamazione di Carlo III “Royal Confrater” nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, è stato un altro passo importante nel percorso di ricomposizione della frattura tra Cattolicesimo e Anglicanesimo creata da Enrico VIII.

Nel 1525, infatti, il Re si innamorò di Anna Bolena, una delle dame del seguito di sua moglie, Caterina d’Aragona, discendente della dinastia Trastàmara. Per la verità non sarebbero stati solo i sentimenti a guidare le sue scelte: Enrico accusava la Regina consorte di non essere riuscita a dargli l’erede maschio che lui voleva a tutti i costi.

Deciso a sposare l’amante e convinto che quest’ultima avrebbe messo al mondo il bambino tanto desiderato, il sovrano chiese a Papa Clemente VII l’annullamento del suo matrimonio. In conseguenza del fermo diniego del Pontefice, Enrico interruppe i rapporti con la Chiesa Cattolica. Nel 1533 riuscì a far invalidare le nozze senza coinvolgere il Papa e a sposare Anna. Nel 1534, con l’Atto di Supremazia, Sua Maestà si proclamò Capo della Chiesa d’Inghilterra.

Caterina, donna colta, intelligente, dal carattere forte, non accettò mai né lo Scisma, né la dichiarazione di nullità della sua unione con Enrico VIII, né tantomeno il nuovo titolo che l’ex marito le impose, cioè “Principessa Vedova del Galles”. Fino alla fine dei suoi giorni continuò a ritenersi la legittima moglie del sovrano e la vera Regina consorte d’Inghilterra. Dalla sua parte aveva il sostegno del popolo, il cui affetto non si affievolì mai.

Durante la visita di Carlo III in Vaticano i media hanno ricordato che nella sede del Prefetto dell’Archivio Apostolico si trova un armadio contenente la pergamena del 1530 con cui diversi nobili e membri del clero inglesi chiedevano a Papa Clemente VII l’annullamento delle nozze tra Enrico VIII e Caterina d’Aragona.

Un documento scritto in latino, di enorme valore storico, che la coppia reale avrebbe già avuto modo di osservare durante una precedente visita in Vaticano, avvenuta quando Carlo era ancora principe di Galles. Non esisterebbero, però, fotografie di quel momento. La pergamena è sopravvissuta persino all’arrivo in Vaticano delle truppe napoleoniche, all’inizio dell’Ottocento. Grazie alle sue dimensioni, un metro per mezzo metro circa, venne ripiegata e riposta in cassetto segreto dietro a un trono di legno fuori dall’ufficio del Prefetto dell’Archivio Apostolico.

La particolarità del documento sono gli 85 sigilli rossi di ceralacca agganciati a un cordino. “Sono le sottoscrizioni dei richiedenti corredate con i loro sigilli”, spiegò monsignor Sergio Pagano, Prefetto dell’Archivio fino al 2024, al Corriere.it. Alcuni dei sigilli, però, sono vuoti. Il motivo è tanto semplice quanto sinistro: “Mancano i sigilli di quelli che si sono rifiutati di avallare la richiesta di Enrico VIII”. Quel rifiutò segnò la loro sorte: “[Il Re] li mandò al patibolo o li fece incarcerare”.

Il ciondolo di Enrico e Caterina

La pergamena del 1530 non fa che sottolineare l’implacabilità di Enrico VIII, concentrando la nostra attenzione sul ripudio di Caterina d’Aragona. Come se fosse scontata la totale assenza di un coinvolgimento sentimentale tra i due o, comunque, un eventuale legame amoroso fosse del tutto trascurabile. A ben guardare a Caterina è stata spesso associata l’etichetta di “moglie ripudiata”, con particolare enfasi sul secondo termine. È un dato di fatto, accertato storicamente. Tuttavia quasi mai teniamo conto di un altro dato incontrovertibile, ovvero che Caterina fu, prima di tutto, una moglie. La prima consorte di Enrico VIII, per la precisione.

Una recente scoperta sembrerebbe riequilibrare, parzialmente, il valore storico dei due termini. Nel 2019, come riportano la Bbc e il Telegraph, il proprietario di un bar di Birmingham, Charlie Clarke, ritrovò, con l’aiuto di un metal detector, un pendente d’oro a forma di cuore vicino a uno stagno prosciugato, nel Warwickshire. Sul gioiello sono incise le iniziali di Enrico e Caterina.

Le analisi dimostrarono l’autenticità della scoperta: il ciondolo è fissato a una collana a 75 anelli e riporta le decorazioni di un cespuglio di melograno, emblema del casato di Caterina e di una rosa Tudor bianca e rossa. C’è anche una scritta, “tousjors”. Secondo la curatrice della sezione “Rinascimento Europeo” del British Museum, Rachel King, si tratterebbe di un gioco di parole nato dal franglais, cioè una lingua che mescolava inglese antico e francese, sui terminie “toujours” (sempre) e “tov” e “iors”, da “all yours”, cioè “tutto tuo”, come riportato da Guardian.

Il gioiello è stato ribattezzato “Tudor Heart”. La scoperta è tornata sotto i riflettori in concomitanza del viaggio in Vaticano di Re Carlo non solo per il suo valore storico, ma anche per un altro motivo: il British Museum, in cui il pendente è attualmente custodito, ha avviato una raccolta fondi per acquistarlo, in modo da evitare l'asta e il conseguente rischio che finisca in collezioni private. Il museo, però, ha tempo solo fino all’aprile 2026 per trovare il denaro necessario che, puntualizza il Guardian, in base alle leggi britanniche verrà diviso a metà tra Charlie Clark e il proprietario del terreno in cui è stato ritrovato l’oggetto.

Un simbolo d'amore?

La storia del “Tudor Heart” rimane avvolta nel mistero: “Non sappiamo per quale motivo si trovasse nel Warwickshire, né a chi appartenesse. Almeno, non ancora”, ha dichiarato la King, citata dal Guardian. Ci sono, però, delle interpretazioni molto interessanti sul significato di questo splendido ciondolo.

Secondo i primi studi il pendente potrebbe essere stato commissionato come premio per un torneo. Gli storici credono che possa risalire al periodo storico relativo al “Field of the Cloth of Gold” (Il Campo del Drappo D’Oro), ovvero l’incontro del 1520 tra Francesco I ed Enrico VIII, avvenuto nell’accampamento fatto allestire dal sovrano francese nelle Fiandre allo scopo di stipulare un’alleanza contro Carlo V d’Asburgo.

I Re si pavoneggiarono uno di fronte all’altro, esibendo tutto lo sfarzo delle loro corti (fu proprio il lusso ostentato nell’accampamento a dare il nome a questo evento storico) anche attraverso gare, giochi e tornei. Durante le trattative politiche i sovrani stipularono anche un accordo di matrimonio tra il Delfino di Francia Francesco di Valois, figlio del sovrano francese e Maria Tudor, figlia di quello inglese. Le nozze non vennero celebrate, ma il “Field of the Cloth of Gold” entrò nella Storia.

Non è escluso che il “Tudor Heart” sia stato realizzato proprio per questo incontro: a giudicare dalle dimensioni e dalla forma sembrerebbe più adatto a una donna, ma gli studiosi ipotizzano anche che non sia stato creato come gioiello da indossare. A rendere più coinvolgente e misteriosa la storia del “Tudor Heart” c’è anche la sua unicità, poiché sarebbe l’unica creazione di questo tipo sopravvissuta fino a noi.

Una delle domande principali che esperti e appassionati di Storia si pongono è: il pendente può essere una prova del presunto amore di Enrico VIII nei confronti di Caterina d’Aragona? La risposta non è semplice. Il ciondolo, in realtà, potrebbe non dimostrare nulla. Ha la forma di un cuore, è vero, ma vi sono incisi gli emblemi delle dinastie di Enrico e Caterina, dunque non sarebbe strano se si trattasse del simbolo dell’alleanza matrimoniale tra i casati. Del resto, all’epoca, le nozze di Re e principesse erano una questione di Stato, non privata.

Non solo: nel 1501, spiega il sito History Extra, Caterina aveva sposato il principe di Galles Arturo, fratello maggiore di Enrico VIII. Il principe era morto dopo soli cinque mesi di matrimonio. Così le famiglie pensarono di dare in sposa la giovane vedova a Enrico. Le leggi dell’epoca, però, impedivano a un uomo di sposare la moglie del fratello. Serviva una dispensa del Papa. Caterina assicurò che l’unione con Arturo non era stata consumata, di conseguenza il primo matrimonio doveva essere considerato nullo.

L’11 giugno 1509 poté sposare Enrico VIII. All’inizio sembrò un legame riuscito. Non sappiamo se si trattò davvero d’amore, ma non possiamo neppure escluderlo a priori. Quanti credono in un coinvolgimento sentimentale sottolineano che nel 1513, poco prima della partenza per la guerra in Francia, il Re nominò Caterina reggente, dimostrando di apprezzarne le doti politiche. Per dirla tutta, però, apprezzare e rispettare una persona non implica affatto amarla.

Tuttavia, se davvero Enrico provò qualcosa nei confronti di sua moglie, è possibile che tale trasporto emotivo si sia esaurito nel tempo, cedendo il passo all’impazienza di avere un figlio maschio. La coppia, infatti, ebbe sei bambini, di entrambi i sessi, ma quasi tutti morirono in fasce. Sopravvisse solo Maria I Tudor, futura Regina d’Inghilterra, più nota come Maria la Sanguinaria.

Il sovrano, devastato da tutte queste perdite, si sarebbe convinto che il suo matrimonio fosse maledetto, in qualche modo ostacolato da Dio. A quanto pare Enrico pensava di aver violato una delle leggi della Bibbia sposando la moglie del fratello defunto. In più si era innamorato di Anna Bolena ed era certo che la giovane sarebbe stata in grado di dargli il tanto agognato erede.

Il ciondolo non basta a stabilire se Enrico VIII e Caterina d’Aragona siano mai stati innamorati,

magari solo per un breve periodo. Racchiude in sé ancora tanti enigmi su una delle più importanti pagine della Storia inglese. Agli studiosi spetta il compito, tutt’altro che semplice, di provare a decifrarli.

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