Gianfry non fa l’arbitro e in Aula scatta la rissa Botte tra Fli e Carroccio

RomaIl doppio ruolo del presidente della Camera, uomo delle istituzioni in servizio politico permanente effettivo, scatena l’ira della maggioranza. E una tranquilla seduta parlamentare si trasforma in una sorta di far west, tra insulti, risse sedate a stento, denunce sempre più dure dell’anomalia finiana e il prefigurarsi di nuove iniziative di protesta.
La mattinata è tutta nel segno del nervosismo. Ad accendere la miccia l’intervento del capogruppo del Carroccio Marco Reguzzoni che prende la parola per denunciare la sortita di Gianfranco Fini a Ballarò. «La Lega non ci sta. Non tolleriamo i soprusi e le ingiustizie. È inopportuno che il presidente della Camera faccia politica e partecipi alle trasmissioni tv», tuona. Il riferimento, in particolare, è alla citazione, fatta dal presidente della Camera, del caso della moglie di Umberto Bossi, Manuela Marrone, «andata in pensione a 39 anni con 766 euro al mese».
Gli animi finiscono subito per surriscaldarsi, con la replica di Italo Bocchino che prima difende Fini poi evoca il caso delle accuse rivolte da un pentito di mafia a Renato Schifani. La temperatura continua a salire e si arriva a un quasi-match pugilistico tra il deputato Fli Claudio Barbaro e il leghista Fabio Rainieri, un faccia a faccia che provoca l’intervento dei commessi di Montecitorio. È una sorta di task-force in divisa nera e guanti bianchi quella che irrompe nell’Aula creando una cintura-cuscinetto a difesa del gruppo parlamentare di Futuro e Libertà. Un capannello di deputati leghisti riesce comunque a circondare il capogruppo Benedetto Della Vedova per chiedere le scuse formali di Barbaro. È il parlamentare leghista a spiegare l’accaduto. «Come si evince facilmente dalle foto ero al mio banco quando Barbaro si è avvicinato aggredendomi mentre seguivo la discussione». Lo stesso Barbaro, sbollita la concitazione, chiede scusa: «È stato un forte momento di tensione. Chiedo scusa agli italiani». Poi attacca: «Fini ha sbagliato, - dice alla Zanzara su Radio24 - Fini poteva risparmiarsi questa polemica proprio perché lui ha subito personalmente degli attacchi di una violenza inaudita. Anche se non sono stati gravi come quelle che ha subito però si poteva evitare».
Nel frattempo in Aula volano insulti, fischi e applausi da una parte all’altra. Rosy Bindi, che presiede l’aula, sospende i lavori. Ma continuano le urla. La vicepresidente chiede «scusa» ad alcuni ragazzi che assistono ai lavori dalla tribuna del pubblico «per lo spettacolo non edificante». E sulla questione interviene anche Fabrizio Cicchitto: «Il nostro gruppo ha l’intenzione di investire la massima autorità dello Stato di una situazione di difficoltà drammatica del Parlamento determinata dal comportamento di Fini».
Quando i lavori riprendono è proprio l’ex leader di An a presiedere. Al suo ingresso scatta il coro «dimissioni, dimissioni». Il dibattito non si placa. «Fini ha venduto la sua anima di destra a Vendola» attacca Silvano Moffa. Che tornando sul caso della composizione della Giunta per il regolamento squilibrata in favore dell’opposizione, cita un precedente a lui favorevole del 1978. «Ma allora presiedeva Nilde Iotti, altro stile...». Fini prende la parola. «Non è questa la sede in cui il presidente della Camera può dare risposte politiche. Se lo facessi avallerei l’accusa di partigianeria che ritengo insussistente. Saranno altre le sedi in cui, se lo riterrò, eserciterò il diritto di replica». L’acceso match parlamentare prevede, però, anche i tempi supplementari. Umberto Bossi viene, infatti, inseguito dai cronisti che gli chiedono se ha qualcosa da dire a Fini.

La risposta è sintetica: «Di andare a quel paese...». Quanto alla baby pensione di sua moglie, il Senatùr ricorda che «quando uno va in pensione ci va con le regole che ci sono». Fini non controreplica. «Preferisco restare sulle cose serie».

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