Controcultura

Il gioco del pallone insegna le regole della libertà

Siamo sospesi tra gol geniali e autoreti clamorose. È il bello della vita (e delle partite). Un libro di Desiderio

Il gioco del pallone insegna le regole della libertà

In altri tempi lo si sarebbe chiamato breviario, o forse trattatello ma solo per distinguerlo dai Trattati, quei saggi accademici che spesso più che dell'oggetto che hanno a tema finiscono per parlare in modo cifrato e autoreferenziale a un pubblico di addetti ai lavori. Qui non ci sono note e rimandi ad altri libri che non siano i classici, o digressioni, eppure, in una scarna essenzialità, e con uno stile di scrittura fluido ed essenziale, c'è tutta la densità che può avere una dissertazione filosofica. Non è nemmeno un esempio di popsophia perché, se è vero che il calcio, il gioco del pallone che è l'oggetto messo a tema, è cosa troppo seria per essere lasciato ai giocatori, esso non può nemmeno essere lasciato agli intellettuali, che tenderebbero ad oggettivarlo e a farne qualcosa di astratto o esteriore. Come la vita, di cui è espressione, il calcio non può essere affrontato in un rapporto di interno ed esterno: giocare la palla e pensarla, pensare con i piedi come dice efficacemente l'autore, è un unico processo in cui per capire bisogna giocare e per ben giocare bisogna capire. È tutta qui la tesi e l'originalità dell'ultima fatica di Giancristiano Desiderio, che esce oggi per Liberilibri: Football. Trattato della libertà del calcio (pagine 135, euro 15). Ecco, allora che per Desiderio, giornalista e filosofo prolifico, nonché collaboratore di queste pagine, l'idea è che è piuttosto la vita una metafora del calcio e non viceversa, come è solito dirsi il giocatore, come chiunque viva, gioca la palla ma è anche giocato dal Gioco (e qui il riferimento a certe importanti pagine gadaameriane è evidente).

Detto altrimenti, si gioca liberamente ma in un'ordine di possibilità che è già da sempre dato e che condiziona la libertà. La quale, senza questa condizionalità, cioè come libertà assoluta e slegata da regole prestabilite, sarebbe infinita e non finita, e semplicemente si annullerebbe. Il fatto che nel calcio è in gioco la libertà, e che la libertà sia sempre condizionata, non significa che si debba giocare a casaccio: bisogna giocare bene, cioè con responsabilità (la libertà è responsabilità), pensando con i piedi e calciando pensando. Ciò che bisogna fare fu espresso in modo semplice, forse persino banale, dall'olandese Cruijff, che per Gianni Brera era il Pelé bianco: «il calcio è saper ricevere la palla e saper passare la palla». Desiderio traduce filosoficamente questo concetto dicendo che le due virtù che deve possedere chi gioca a calcio, così come chi ben vive la sua vita, sono il Controllo e l'Abbandono. «Per vivere in modo più o meno decente abbiamo bisogno di controllare l'esistenza»: non possiamo fare in modo che la vita ci trascorra inconsapevolmente davanti agli occhi, ma dobbiamo dominarla attraverso la verità e tutte le altre strategie di rassicurazione che ci siamo inventati nel corso della nostra evoluzione (compresi i miti e i simboli). La vita però, o per fortuna, non la si controlla mai totalmente: conserva un margine di imprevedibilità che è al tempo stesso il limite e la garanzia della nostra libertà. A un certo punto bisogna lasciarsi andare, bisogna vivere e non stare fermi a pensare: occorre, se preferite, passare dalla teoria alla pratica, la quale è sempre in qualche modo cieca.

In una caserma o in ospedale, tipiche istituzione del Controllo, non si è mai veramente liberi nel senso umano della parola, osserva Desiderio. E nemmeno nel lockdown che abbiamo vissuto, potremmo aggiungere noi, lo eravamo: una vita e una libertà socialmente distanziate semplicemente non solo tali, né la prevenzione totale e l'immunità da ogni tipo di virus è possibile. La vita è prudenza, ma anche contagio: più o meno pericoloso, o addirittura letale, a seconda delle circostanze. «L'esigenza del controllo - scrive Desiderio - nasce dal fatto che la vita è insicura, ma l'idea di trasformarla in una sorta di sistema di sicurezza è un rimedio peggiore del male». In una poche parole, «la vita è come il pallone: non può essere dominata o padroneggiata fino in fondo». Il gol avversario, il fuorigioco, qualche volta persino la più clamorosa delle autoreti, sono sempre dietro l'angolo.

E poi, comunque, a un certo punto arriva sempre il fischio finale dell'Arbitro.

Commenti