di Gian Luca Fois
Caro Massimiliano, nell'epoca del politicamente corretto hai fatto molto bene a parlare di Alessandro Profumo persona di grande qualità e di notevole spessore.
Hai fatto bene per due motivi.
Il primo, perché Profumo è un uomo che da anni sta disegnando lo scenario bancario nazionale e non solo (non mi sembra poco!).
Secondo, perché è uno dei nostri, è di Genova e rappresenta veramente uno dei tanti cervelli espatriati che tanto bene avrebbero fatto alla città.
Non centra nulla dire se è di destra o di sinistra, di Profumo ne vorrei dieci, cento, mille
uomini in grado di fare la differenza con i fatti e non solo a parole.
Il problema della nostra classe dirigente cittadina è sotto gli occhi di tutti.
La società non riesce a filtrare le energie umane presenti e la politica, di destra e di sinistra, è scollata da chi si propone spesso rifiutandone i servizi.
Ti sei soffermato su alcuni concetti espressi dal banchiere, nello specifico sull«esigenza di tenere insieme identità e modernità».
Tradotto in soldoni, questo è il dramma di Genova e perché no anche della Liguria tutta.
Il nostro territorio, la nostra gente, le nostre attività ed idee sono andate nel corso degli anni in corto circuito. Dagli inizi degli anni ottanta, per passare poi attraverso la «gestione Pericu», vedi il devastante esempio del Puc, per arrivare dunque ai giorni nostri a Marta Vincenzi.
La parola dordine è stata ed è bloccare la città sullaltare dellimmobilismo spacciato sotto le mentite spoglie del mantenimento dellidentità.
Ma quale identità? Genova ormai da anni è in balia di un annacquamento culturale voluto dalla giunta Pericu e dalla suoi collaboratori.
Coniugare lidentità e la modernità è un processo mentale, culturale e politico che passa necessariamente attraverso un mix generazionale di contenuti e di persone.
I giovani sono la linfa e la vere energia.
Invece a Genova cè il processo inverso i giovani, parlo dei trentaquarantenni sono fuori dalle stanze e lontano dai bottoni del potere a favore di altre generazioni.
Caro Massimiliano, ci vuole coraggio nella vita ed un pizzico di follia e ad oggi a Genova non cè ne luno né laltro.
I giovani «presenti» sono pochi e se ci sono spesso si appiattiscono sulle posizioni «dei grandi». Genova appunto scappa.
Infine, voglio spendere poche parole sulla classe dirigente culturale e politica del centrodestra. Semplicemente non esiste, perché la politica fa di tutto per respingerla.
La cultura moderata del centro destra è accecata dai convegni e dai forum trascurando completamente la strada e la vita «delle strade».
La cultura popolare viene continuamente calpestata da quella di matrice elitaria (che tra laltro è di pochi, ma che primeggiano sui molti. E questa è la nostra stranezza metropolitana
). Fatta di pochissime idee, sempre le stesse, orfana dei valori più prossimi delle persone. Stare insieme, il rispetto degli altri e cercare sempre e comunque la condivisione di un progetto attraverso il coinvolgimento di tutti, militanti e non.
Al riguardo, disquisire sui sondaggi de il Giornale piuttosto che quelli de La repubblica forse per qualcuno è importante per soddisfare il proprio ego, ma alla gente e con i bisogni della gente non centra proprio nulla.
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