Gianni Pennacchi
da Roma
Lunico mistero irrisolto di questa conferenza stampa di fine anno avvolge la storiella che Silvio Berlusconi avrebbe voluto raccontare, a proposito dei magazzini del popolo sovietici. Forse quella già nota su Gorbaciov tra i magri banchi del Gum, oppure una nuova per il Natale? Non lo sapremo mai, perché un nutrito coro di «nooo! la barzelletta no!» levatosi dai giornalisti lo ha tacitato, e lui li ha guardati stupito, quasi pensando «ma guarda questi, hanno perso anche la voglia di sorridere». Poi, memore della diretta televisiva e quasi ad assolvere la platea degli ingrati ha spiegato: «Lo dico per i telespettatori: i giornalisti temono che poi non ci sia tempo per fare altre domande». Tempo insufficiente? Due ore e dieci (un record) son sembrate uneternità ai giornalisti saliti a Villa Madama ormai vittime dei crampi della fame e costretti allavvitamento sulle stesse domande, tutte e sempre di politica casalinga. Sono apparse un affronto, un attentato alla libertà dinformazione per quelli del Tg1 andati in onda con unora di ritardo e tante vibrate proteste, dimentichi che lultima domanda fuori tempo, invocata «per par condicio» nei confronti di Sky, era stata chiesta proprio da Rainews 24 forse nella speranza di mettere il premier in imbarazzo con le bombe al fosforo americane: lui, lungi dal sottrarsi, ha colto la palla al balzo per un altro quarto dora sullIrak. Stanco? Quando Lorenzo Del Boca, presidente dellOrdine dei giornalisti, ha detto che rimaneva tempo per altre sole due domande, ed eran quasi le 14, dai giornalisti sè levato un brusio che Berlusconi, lesto e fresco come una rosa, ha tacitato a sua volta: «Se volete, io posso continuare ancora». Ce laveva sul serio la voglia di continuare, se andato via da lì sè collegato con Fiorello facendo sforare di 20 minuti anche Viva Radio2.
Di tutto, anche in radio, solleticato dal tormentone di quel «pronto» che lo smemorato di Cologno pronuncia imitando appunto Berlusconi. Fiorello non sè lasciato sfuggire loccasione, e il premier neppure. Han cantato insieme un «samba napoletano», Berlusconi ha denunciato «un complotto nazista» ai danni di Mariano Apicella «penalizzato dal fatto che il suo paroliere è il premier» e Fiorello gli ha promesso che ospiterà Apicella «a patto che canti Bandiera rossa». Molta più vitalità che a Villa Madama. Berlusconi imitando il suo imitatore assicura: «Ora che ho recuperato la memoria grazie a un miracolo fiorelliano, il prossimo premier non posso che essere io». Fiorello che gli domanda se ha fatto un regalo a Kakà e laltro risponde che sta aspettando, gli farà un regalo unico per Natale e per il matrimonio «così risparmio». Ma anche un ribadire temi seri, con replica della conferenza stampa appena tenuta snocciolando cifre e percentuali. «Come fa a ricordare tutti questi numeri?», gli ha domandato Fiorello. «Io sono un computer vivente», ha risposto orgoglioso il premier.
Forse un computer, di certo un comunicatore istintivo e imbattibile, lesto nel superare anche lhandicap di dover rispondere a giornalisti attenti tutti ed esclusivamente ai casi di politica interna. Con scioltezza e senza imbarazzo: «Ah, come vorrei che qualcuno di voi mi facesse una domanda di politica estera. Potrei rispondere che»... e giù per dieci minuti a decantare il ritrovato orgoglio nazionale, i successi colti allestero e il credito tra i grandi della Terra. Altro che il marzulliano «si faccia una domanda e si dia una risposta». Preparato, maestro nel menar fendenti come fossero carezze.
Alla giornalista dellUnità - con la quale lo scontro senza sconti, seppur sorridente, è ormai tradizionale - che sapprestava a chiedergli di accettare «il confronto» col suo giornale, ha sbandierato la fotocopia dellUnità del 53 che annunciava a tutta pagina «Stalin è morto». Lei sorridendo ha parato il colpo: «Be, era una notizia».
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