«Giro il mondo in bici reinventando il rock»

Quando il rock è genio e arte multimediale. Non oggi che fa trendy ma dal 1975, quando David Byrne, cavalcando la nuova onda post punk, plasma i Talking Heads per poi cambiare sempre maschera e trasformarsi in regista, scrittore, «architetto di suoni» e persino inventore e ciclista. Ecco in due parole la frenetica carriera di Byrne, passato da intellettuale del rock a raffinato artista coccolato dall’avanguardia colta. Ora arriva in Italia (debutto domenica a Sinigallia, poi Verona, martedì Milano per «Suoni & visioni» e chiusura a Modena) con lo spettacolo Songs of Byrne and Brian Eno, frutto della sua cerebrale collaborazione con l’ex Roxy Music, oggi blasonato autore d’avanguardia ed anche produttore degli U2.
Uno show per intellettuali.
«Non so cosa sia un intellettuale, ma so bene cosa sia la buona musica. Il rock, la classica, tutto nasce da una bella melodia, non c’è nessun segreto. Poi il pubblico e la critica mettono le etichette, ma il vero rock nasce da ritmo, melodia e un pizzico di follia: per esempio nel mettere insieme i suoni dei Led Zeppelin con il soul di Al Green. Il mio show nasce come un’araba fenice in cui far rivivere brani scritti da me e Eno, fino a quelli del recente cd Everytyhing That Happens Will Happen Today, ma sarà anche uno show molto coreografico con ballerine e tante sorprese. Casomai sono all’avanguardia».
Cioè?
«Cerco di guardare più lontano degli altri, soprattutto nel mettere insieme le varie forme d’arte. Il rock da solo diventa una pianta rinsecchita».
Lei e Eno venite da esperienze piuttosto diverse.
«Siamo due sopravvissuti nel senso nobile del termine. Entrambi veniamo dal rock che io definisco creativo. I Roxy Music erano più barocchi, noi Talking Heads più danzerecci e funk, più minimali».
E dopo tutti questi anni continuate a collaborare.
«La nostra visione del mondo non è cambiata; uno scrive testi che si adattano alla musica dell’altro in modo perfetto, c’è grande sintonia anche se non ci vediamo spesso».
Lei tra l’altro sta scrivendo un libro e una commedia, dove trova il tempo?
«Vivendo. Ognuno dei miei progetti è legato al precedente. Tengo più di cento concerti all’anno, quindi mi piace visitare le città dove suono, perciò le visito in bicicletta e tengo una specie di diario di bordo che diventerà il libro. Allo stesso modo amo il rock ma anche il cinema, il teatro e la vita dei grandi personaggi, così sto scrivendo un’opera sulla vita di Imelda Marcos».
Quindi chissà quanti progetti ha in cantiere.
«In autunno terrò una lunghissima performance multimediale a Londra che unisce suono, architettura e ambiente. Farò suonare le mura con giochi di luce solare e lunare. Sto pensando anche a un nuovo disco legato alla natura».


Tutte le storiche band tornano: e i Talking Heads?
«Non abbiamo nulla da dire, sarebbe un’operazione commerciale o nostalgica. Io vado avanti per la mia strada. Credo sia impensabile, a meno che non eploda qualche scintilla. Per tornare insieme dovremmo fare qualcosa di sconvolgente».

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