RomaLi ha anticipati tutti, ma non è stata una sorpresa. Il senatore Nicola Di Girolamo ha evitato la gogna dellassemblea e si è consegnato alla giustizia da solo, rassegnando le dimissioni in una lettera inviata al presidente Renato Schifani: lo aspettava un plotone desecuzione, domani, in una giornata daula tutta dedicata allinvalidazione della sua nomina su proposta del Pdl. Una nomina avvenuta con i voti della mafia, secondo la procura di Roma.
Il senatore eletto nella circoscrizione estero e accusato di essere a capo di unassociazione a delinquere con basi tra ndrangheta, politica e telefonia, ha scelto invece di evitare lo strazio delle sedute inutili. Quello che aveva da dire lha scritto. Non una, ma quattro volte, con diverse lettere: a Schifani, al capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri, al vicecapogruppo Gaetano Quagliariello e al presidente della commissione Esteri Lamberto Dini. Lettere non di circostanza, ma lunghe (oltre una cartella) quel tanto che gli è stato necessario per giustificarsi e per raccontare qualcosa della propria vita, dellinfanzia, della fede in Dio e della famiglia. Oltre che per dimettersi.
Il voto sul suo conto, a questo punto, è scontato.
Il Pdl, fa sapere il capogruppo Gasparri, voterà a favore delle dimissioni. Già ieri mattina il principale partito di maggioranza aveva depositato in Senato una mozione per proporre allassemblea lannullamento della nomina di Di Girolamo, riaprendo la pratica sospesa un anno fa con un ordine del giorno votato a maggioranza nella seduta del 29 gennaio del 2009.
Nella lettera, lultima da senatore, Di Girolamo chiede «scusa» a Schifani per «averle procurato imbarazzo». È arrivato il momento «della responsabilità e della verità dei fatti». Una verità di una «vicenda che non è tutta criminale».
Una storia mezza criminale nata da una distrazione, più che da un errore: «La frenesia della campagna elettorale mi ha spinto a valutare poco e male», ci sono stati «uno o due incontri disattenti...».
«Lei mi auguro - scrive ancora Di Girolamo - immaginerà che non si diventi mafioso nello spazio di un mattino». Però sì, «ho ceduto, certo, signor Presidente... Ma le mie colpe verranno circoscritte dalla verità che saprò esporre ai magistrati cui ho deciso di consegnarmi».
Segue il racconto della storia personale. A partire dalla culla: «Orfano, già in fasce»: nonostante tutto, una «persona perbene, incapace di difendersi dinanzi alla protervia dei malevoli e dei menzogneri», capaci di «fagocitarmi nella smania delle promesse».
Ma ora cè «lorgoglio del riscatto», la consapevolezza di essere «forse lunico ricordato per aver rassegnato le dimissioni», il pensiero per i figli che «dovranno fare a meno della mia presenza per un lungo tempo», la fiducia nella «Provvidenza».
Con Gasparri, si augura di «conservare la Tua amicizia». E aggiunge: «Voglio rassicurare te e Gaetano (Quagliariello ndr): nel gruppo non si è seduto un delinquente, ma un cittadino che ha compiuto gravi ingenuità».
Per ora nessun commento da Schifani. Si rispettano i programmi: stamattina la conferenza dei capigruppo decide quando mettere a calendario il dibattito sulle dimissioni di Di Girolamo, probabilmente domani. Ma rimane in piedi la mozione presentata dal Pdl per linvalidazione della nomina.
Se lassemblea si limitasse a votare le dimissioni, Di Girolamo continuerebbe a godere della pensione. Linvalidazione avrebbe invece un significato, anche politico, molto diverso. Ridarebbe anche giustizia a Raffaele Fantetti, il primo dei non eletti per il Pdl in Europa, pronto a entrare in Senato dopo due anni di ricorsi.
La storia di Di Girolamo senatore non si chiude quindi con il bel gesto delle dimissioni. Questa mattina lo aspettano alla giunta per le immunità, che sta seguendo la pratica del suo arresto. La sua audizione, prevista per le 12, non è stata annullata.
Una volta che le sue dimissioni saranno confermate, il senatore perderà subito limmunità. Potrebbe essere arrestato anche domani sera.
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