Giulio, il battitore libero che studia da premier

Il ritratto del "Superministro": non ha una corrente alle spalle, ma si appoggia ai lumbard. Il ruolo di tecnico gli sta stretto. E' un uomo politico al 100%

Giulio, il battitore libero che studia da premier

Quello di «superministro dell’Economia», così defini­to in senso tecnico, è un abito che sta stretto a Giulio Tre­monti. Il «super» non basta a renderlo più confortevole. Tremonti è un uomo politi­co, dotato sicuramente di co­noscenze che gli consentono di pilotare con barra sicura il dicastero più importante, e tuttavia politico al cento per cento. Anche se può sembra­re paradossale, ne fanno fe­de proprio gli interventi «tec­nici » ai più importanti fori economici mondiali. Tre­monti non parla delle nuove regole di Basilea 3, ma cono­sce perfettamente l’impatto di tali regole sulle piccole e medie imprese italiane, ser­batoio prezioso di voti per il Pdl e la Lega. Non si nascon­de dietro formule più o meno comprensibili, ma ammette candidamente che il mondo, l’Europa e l’Italia si trovano in «terra incognita», scono­sciuta, e in preda a una crisi senza precedenti che impat­ta profondamente sui singo­li, sulle famiglie, sulle comu­nità.

Tremonti non è un uomo di mercato, ma è l’uomo che ha inventato il cinque per mil­le - la possibilità di versare una piccola parte delle impo­ste n­on all’Erario ma a una co­munità, un’organizzazione di volontariato, un ospedale - e la «carta sociale» per gli sconti nei supermercati alle persone più bisognose. In questo senso è politico, mol­to più di altri politici. Ai colle­ghi di governo e di partito che gli chiedono con insistenza sconti fiscali ha risposto inse­diando commissioni di stu­dio con i massimi esperti del ramo, senza badare al colore o alle simpatie politiche. L’autorevolezza conquistata sul campo, grazie alla sua ge­stione della grande crisi, gli consente di resistere alle pressioni, anche alle più for­ti.

Tremonti e il tremontismo sono la stessa cosa, un uni­cum . Il ministro dell’Econo­mia non ha una «corrente» e forse neppure una squadra alle sue spalle. Dispone di al­cuni fidatissimi collaborato­ri, a cui chiede consigli e pare­ri, ma fondamentalmente de­cide da solo. In questa singo­lare condizione - la mancan­za di «tremontisti» in contra­sto all’esistenza dei «berlu­sconiani », dei «finiani» e così via - si può leggere forse la simpatia e la vicinanza con un partito alleato ma che non è il suo. C’è un comune lega­me di radici e di provenienza geografica con gli uomini del­la Lega, soprattutto quelli che fra Capodanno e l’Epifa­nia si radunano a cena all’Ho­tel Ferrovia di Calalzo di Ca­dore, ospiti del ministro.

Tremonti, ha scritto Peppi­no Caldarola, sta prendendo il posto di Gianfranco Miglio nei cuore dei lumbard. Parla­va di federalismo fiscale, quando la conoscenza della questione era appannaggio, si è no, di una dozzina di per­sone nell’intero Paese. Il mot­to no taxation without repre­sentation - non c’è tassazio­ne senza responsabilità poli­tica - preso dalla rivoluzione americana, era sconosciuto ai più. Ma, in forma evoluta, era lo stesso linguaggio di Umberto Bossi che riscalda­va la folla urlando: mai più soldi al Sud! L’intellettuale e il capopopolo si sono subito piaciuti. Dopo la rottura del 1994 fra Berlusconi e Bossi, è stato Tremonti a tessere con pazienza la tela del riavvici­namento. Ed oggi la Lega è l’alleato fedele per antono­masia del Cavaliere.

Sarebbe ingenuo sostene­re che il ministro dell’Econo­mia non abbia ambizioni di primissimo livello. Le ha, ec­come, fin da quando inco­minciò la sua carriera politi­ca nel movimento di Mariot­to Segni. Il caso - o meglio il suicidio di Gianfranco Fini ­oggi lo ha sbarazzato dell’av­versario più forte e insidioso alla successione di Berlusco­ni a palazzo Chigi. Tremonti dispone di un alleato molto forte. Ma è il suo partito a non sostenerlo appieno, un po’ per il legame quasi fisico dei gruppi parlamentari e del­l’elettorato del Pdl con il Ca­valiere; un po’ perché, negli anni, ha pestato calli impor­tanti. E invece ci sono settori moderati del centrosinistra che apprezzano il rigore del ministro dell’Economia.Tan­to basta per provocare larva­te accuse di eresia.

Il tremontismo, inteso co­me fatto correntizio, dunque non esiste. Saranno due o tre i deputati definibili «tremon­tiani ».

Esiste Tremonti, ed esi­ste un­a galassia che si ricono­sce nelle idee e nei comporta­menti del ministro dell’Eco­nomia. Questo tremontismo piace all’estero più che in Ita­lia. Ma in politica tutto scor­re, anche verso le direzioni meno prevedibili.

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica