Giustizia di classe l’ultima trovata del centrosinistra

Francesco Damato

Perduta la possibilità di squalificare come «salva Previti» la legge sulla recidiva e sulle prescrizioni, che la maggioranza ha modificato alla Camera escludendone l’applicazione a tutti i dibattimenti processuali in corso, fra i quali quelli riguardanti in appello e in Cassazione l’ex ministro di Forza Italia, l’opposizione continua a demonizzare il provvedimento in vista del nuovo, ultimo passaggio al Senato. Prima ha tentato di imbrattarne ancora l’immagine indicando come beneficiari il presidente del Consiglio e i suoi familiari per via di certi fascicoli giudiziari pendenti nella solerte Procura di Milano. Poi, rendendosi forse conto che quei fascicoli sono poco consistenti per scommetterci sopra o cominciando a sospettare che l’antiberlusconismo giudiziario produca ormai più vantaggi che svantaggi all’avversario politico, l’opposizione sta cucendo addosso alla nuova legge l’abito della «giustizia di classe». Che sarebbe quella forte con i deboli e debole con i forti.
I deboli sarebbero i recidivi, destinati a condanne più severe benché colpevoli solo di reati «minori», come furti, rapine, spaccio, danneggiamenti e altre quisquilie praticate dai più sprovveduti per sopravvivere. I forti sarebbero quelli che, mescolando furbizia e ricchezza, riuscirebbero o a non farsi scoprire nelle loro nefandezze o, una volta scoperti, a sfuggire ai processi e alle condanne grazie all’assistenza di onerosi studi legali, capaci di ricavare il massimo dei ritardi e dei benefici da quel groviglio inestricabile dei nostri codici.
Le pene più severe ai recidivi e le attenuanti obbligatorie agli incensurati, con riduzione conseguente del tipo di reato e dei relativi tempi di prescrizione, sarebbero quindi le due facce, ugualmente odiose, della medaglia di questa immaginifica «giustizia di classe» prodotta nella parte conclusiva della legislatura da una maggioranza cinica e irresponsabile. Che peraltro, non avendo i numeri per fare da sola un’amnistia, per la quale dal 1992 occorre una legge votata in ogni suo articolo e nello scrutinio finale a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, vorrebbe introdurla surrettiziamente combinando attenuanti e prescrizioni brevi nella ex «salva Previti».
La rappresentazione che l’opposizione fa dei recidivi è a dir poco semplicistica. I recidivi non sono solo poveracci. Sono anche delinquenti incalliti e feroci, capaci di ammazzare per poche centinaia di euro. Provate un po’ a chiedere comprensione per lo scippatore incallito al povero pensionato che ne ha appena sperimentato il trattamento uscendo dall’ufficio postale, e finendo magari in ospedale.
La storia poi dell’amnistia nascosta nella riduzione dei tempi di prescrizione è mistificatoria. In realtà, a concedere surrettiziamente l’amnistia è già da anni la magistratura inquirente e giudicante. L’inquirente, a dispetto della tanto declamata obbligatorietà dell’azione penale, dilunga molti procedimenti sino a farli estinguere, come dimostra l’88 per cento delle prescrizioni maturate negli uffici delle Procure, senza rinvio a giudizio. La magistratura giudicante concede o nega le attenuanti, anche agli incensurati, con una discrezione totale.

La potente lobby giudiziaria, che dispone del Consiglio superiore della magistratura e dell’opposizione, spero anche per questo non destinata a tornare maggioranza l’anno prossimo, pretende di conservare intatta la gestione della sua amnistia, essa sì sotterranea.

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