Roma - Vuole il caso che il day after dell’acceso incontro tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini sia anche il giorno del primo vero faccia a faccia tra il Cavaliere e Giorgio Napolitano dopo la bocciatura del Lodo Alfano. I due, infatti, si incrociano in tarda mattinata al Quirinale dove si riunisce il Consiglio supremo di difesa e per due ore buone restano seduti allo stesso tavolo insieme a ministri e generali delle Forze armate a discutere dell’impegno italiano nelle missioni all’estero. Una riunione formale in tutto e per tutto e prevista già da tempo, durante la quale i due non si scambiano neanche una battuta. D’altra parte, dopo la nota querelle sul dopo Lodo Alfano, il capo dello Stato ha continuato ad «aleggiare» nei vari tira e molla sulla giustizia andati in scena negli ultimi giorni tra Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno.
Cioè tra Berlusconi e Fini. Già, perché i rumors raccontano che il Quirinale abbia fatto sapere di non essere disponibile a controfirmare un provvedimento sulla prescrizione breve - quello che avrebbe voluto il premier - e di essere invece più disponibile verso il ddl sul processo breve. Così, due ore sul Colle durante le quali il Cavaliere non dice una parola non possono che essere il segnale di un disgelo che è ancora lontano. Tanto che Berlusconi arriva non un minuto prima dell’inizio della riunione e non resta un minuto di più. D’altra parte, nel giorno in cui inizia la lunga trattativa sul ddl per il processo breve che dovrebbe essere presentato oggi al Senato, il premier continua a sentirsi accerchiato dalla «magistratura militante» e vede nella richiesta d’arresto per Nicola Cosentino una sorta di avviso ai naviganti.
Tanto che più d’una volta sente al telefono il sottosegretario all’Economia invitandolo a «tenere duro» e assicurandogli «il sostegno di tutto il partito». «Vai avanti Nicola, che io sto messo peggio di te...», avrebbe ironizzato Berlusconi. Detto questo, difficilmente Cosentino potrà davvero essere il candidato del Pdl in Campania. Non solo perché Fini continua a ripetere che si tratterebbe di «una scelta inopportuna», ma perché è chiaro che un mandato d’arresto resta una spada di Damocle troppo pesante per un candidato non ancora ufficializzato. E poi, proprio la Campania è una delle regioni dove l’Udc sarebbe disponibile a sostenere un candidato «alternativo» al Pdl. Una giornata, quella di Berlusconi, focalizzata dunque sul fronte giustizia nei suoi vari aspetti. Perché molte e ripetute sono state le telefonate tra Ghedini, la Bongiorno, Gianni Letta, il capogruppo del Pdl al Senato Maurizio Gasparri e il vice Gaetano Quagliariello, tutti intenti a limare nel dettaglio il ddl sul processo breve e le diverse tipologie di reato che non saranno ricomprese nel provvedimento.
Sul quale anche Pier Ferdinando Casini avrebbe dato una disponibilità di massima (che si manifesterebbe con un’astensione). Il punto, resta però l’eventualità di una modifica in corsa del provvedimento, magari con qualche emendamento dell’ultima ora. Tanto che Fini lancia un messaggio eloquente durante la trasmissione Otto e mezzo. «Se il disegno di legge - dice il presidente della Camera - sarà in contraddizione con gli accordi presi lo dirò con la stessa schiettezza con cui l’ho detto ieri. Bisogna giocare a carte scoperte e non ricorrere ad artifizi giuridici che portino ad una amnistia di fatto». Fini parla anche del Giornale : «Vittorio Feltri sostiene che voglio affossare Berlusconi mentre nello stesso tempo Antonio Di Pietro sostiene che voglio salvare il premier, siamo ai toni parossistici». A Palazzo Grazioli, intanto, il Cavaliere incontra più volte Ghedini e il ministro della Giustizia Angelino Alfano. E mentre i pontieri sono al lavoro - «tra Berlusconi e Fini è andata bene, il punto è che accusano il Pdl di non essere sede di dibattito e poi quando c’è dicono che è una rissa», spiega Paolo Bonaiuti - in privato il premier non nasconde i suoi timori verso un riaccendersi dell’inchieste della magistratura.
Berlusconi, infatti, è più che convinto che a breve ci saranno sorprese ed è anche per questo che nell’ultima settimana l’umore non è stato certo dei migliori. Perché il ddl sul processo breve resta nella sua testa solo una toppa che difficilmente arginerà la bufera che si prepara ad arrivare. Che poi, con modi e prospettive diverse, è lo stesso ragionamento che fanno i finiani doc quando dicono che il ddl garantirà il premier «almeno per un anno» per poi essere bocciato dalla Consulta. Per questo, spiegava ieri un ministro molto vicino al Cavaliere, «è nero». Tanto da manifestare i suoi dubbi e i suoi timori anche ad Umberto Bossi durante una lunga telefonata. Il Senatùr, che ormai Berlusconi lo conosce bene e con cui ha un rapporto che va oltre la politica, prova a tirarlo su e lo invita a «non mollare».
Perché, è il ragionamento del leader della Lega, ci sono ancora tante cose da fare e tanti risultati da portare a casa. Insomma, dice Bossi, «devi guardare il bicchiere mezzo pieno e non quello mezzo vuoto».
Come dire, pensa al ddl sul processo breve piuttosto che arrovellarti sulla prescrizione. Con la deputata del Pdl Margherita Boniver che nel frattempo presenta alla Camera una proposta di legge costituzionale per il ripristino dell’immunità parlamentare.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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