Inchieste

Giustizia italiana indebitata per le intercettazioni Nel 2010 è costata al contribuente 270 milioni

La spesa per captare le conversazioni degli indagati copre quasi la mmetà del disavanzo del ministero di via Arenula: 165 milioni di euro. nel 2010 l'ascolto delle telefonate è costato 270 milioni di euro al contribuente

Giustizia italiana indebitata per le intercettazioni 
Nel 2010 è costata al contribuente 270 milioni

Investireste in una società i cui costi sono sempre superiori ai rica­vi? Probabilmente no, anche se gli amanti del rischio ci sono sempre. Il contribuente italiano, invece, non può sottrarsi dal finanziare at­traverso le imposte il sistema della giustizia. E poiché, salvo nelle teo­rie liberiste più radicali, privatizza­re la giustizia non si può, dobbia­mo «socializzare» i 340 milioni di debiti a fine 2010. Una cifra che si mangia quasi il 5% dei 7,2 miliardi destinati al budget del ministero fi­nora guidato da Angelino Alfano.

Eppure un primo risparmio già si potrebbe ottenere se ogni anno lo Stato non incorresse in dolorosi risarcimenti legati tanto agli errori giudiziari (16,8 milioni nel 2011) quanto all’ingiusta durata del pro­cesso (41,5 milioni comprese le cause pendenti alla Corte Ue dei di­ritti dell’uomo). Il totale fa 58 milio­ni, ma la Corte dei Conti ha rilevato debiti pregressi per 95 milioni. La magistratura se ne preoccupa? No, i soldi li paga il Tesoro, ma 153 milio­ni risolleverebbero un po’ le casse di Via Arenula.

La maggior parte della spesa, in­fatti, riguarda il personale (1,1 mi­liar­di per i 9.120 magistrati e 1,3 mi­liardi per i 40mila addetti all’ammi­nistrazione). Il resto sono le cosid­dette «spese di giustizia», un calde­rone nel quale fino pochi anni fa si «infilava» tutto. Poi, Alfano e Tre­monti hanno istituito il capitolo 1363 e la verità è venuta a galla. Del miliardo di costi vivi dell’ammini­strazione giudiziaria fino a qual­che anno fa, il 37% era rappresenta­to dalle intercettazioni. Lo stru­mento senza il quale i vari Boccassi­ni, Woodcock e Ingroia si perdereb­bero in un bicchier d’acqua costa al­lo Stato, cioè a noi, oltre 180 milio­ni.

La realtà è diversa dalle previsio­ni per il 2011. La Corte dei Conti ha certificato che nel 2010 le intercetta­zioni sono costate 270 milioni con un debito di 90 milioni che va a som­marsi ai 75 dell’anno precedente per un totale di 165. Quindi la metà dei debiti del ministero è determi­nata dall’uso ( e dall’abuso)delle in­tercettazioni. Il monitoraggio di Al­fano, rileva la Corte, ha comporta­to «risparmi tra il 25 e il 30%». Se le spese aumentano, è perché le Pro­cure intercettano a go-go.

L’«operazione trasparenza» del ministero della Giustizia fornisce altri elementi: nel 2010 la Procura della Repubblica di Milano con tre distinte aperture di credito ha otte­nuto 16,5 milioni per intercettare (anche il Rubygate sarà probabil­mente compreso in queste). La Pro­cura­di Palermo ha utilizzato il con­to per 28,5 milioni e quella di Napo­li per 13 milioni, più dei 700mila per la Procura di Santa Maria Ca­pua Vetere, che ha competenza su Gomorra.

La Procura di Milano ha tenuto a far sapere alla stampa «amica»che, a fronte di 8 milioni spesi per il pro­­cessoAntonveneta, sono stati recu­pe­rati nei patteggiamenti 340 milio­ni di euro. Il fine, perciò, giustifiche­rebbe i mezzi. A proposito, lo sape­te qual è il sequestro di maggior va­lore in capo all’Agenzia nazionale per i beni confiscati? Si tratta delle holding di Massimo Ciancimino, la superstar di Annozero, un com­plesso di società stimate tra i 300 e i 500 milioni che spaziano dalla ge­s­tione dei rifiuti in Romania alla me­tanizzazione di Belgrado.

La conseguenza? Il taglio degli in­vestimenti: l’edilizia carceraria lan­gue, non si possono assumere altri addetti di Polizia penitenziaria e gli istituti traboccano con somma tri­stezza di Pannella. I risultati? Per la giustizia sono i processi: tra cause sopravvenute e pendenti a fine 2009 si superava quota 1,7 milioni, circa il doppio di quelle concluse. Ma si sono prescritti 143.825 prov­vedimenti, il 70% dei quali con de­creto del gip, senza arrivare in aula. Ma non parlate ai magistrati di pro­cesso breve.

Per carità.

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