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Giustizia, non carità

Tra rom e romeni vi è una differenza ben nota allo Stato romeno, che ha saputo gestirla conoscendo bene le differenti storie dei romeni e dei rom. Vi è poca memoria in Italia della Romania, una nazione che si sente latina per la sua lingua e che ricorda come suo atto di fondazione l'occupazione della Dacia da parte dell'imperatore Traiano. La Romania fa parte della storia della Cristianità: e il nome «romeno» indica Costantinopoli, la «nuova Roma». La Romania è alleata nell'Italia nella prima guerra mondiale. Diviene fascista al tempo del fascismo e comunista nel tempo del comunismo. Il partito romeno interpreta la sua partecipazione all'Impero sovietico in chiave nazionalistica, cerca un comunismo romeno che finirà in tragedia.
I rom arrivano in quelle terre, venendo forse dall'India, intorno all'anno mille, parlano un'altra lingua, hanno un'altra storia, un'altra identità. Sono presenti in tutti i Paesi dell'Unione europea, ma solo in Italia hanno fatto dei campi una residenza all'interno delle città e hanno espresso la loro differenza in nome non del loro diritto ma del bisogno. Hanno capito che l'essere compassionevoli è proprio del cattocomunismo italiano: per cui è meglio assistere che riconoscere, dare privilegi di fatto e non inquadrare il caso nella legge. E così si è diffusa, nell'area rom e in tutto il Mediterraneo, l'idea che, in Italia, tra la connivenza del governo e il formalismo dei giudici, l'immigrato che giunge qui è sicuro di non essere colpito da sanzioni. Qui tutto è lecito se si ha il titolo a presentarsi come povero e a costituire una eccezione agli occhi della cittadinanza, creando un senso di colpa per la modesta ricchezza, veramente ben modesta, degli italiani di nascita. L'assistenza come criterio politico, il bisogno come diritto, l'illegalità come privilegio, sono lo status dell'immigrato clandestino in Italia: e i rom sono adeguati ad esso. Oggi sono le autorità romene a dire che, dopo l'apertura delle frontiere europee, lo Stato romeno ha visto diminuire il tasso di delinquenza: ed è convinto che essa è stata esportata in Europa. Ed esportata anche in Italia, dove però si è inserita nel cattocomunismo che abbiamo descritto: e quindi si è soprattutto concentrata a Roma. Il governo romeno vuole riacchiappare i suoi cittadini, soprattutto rom, facendo notare che in Romania vi sono ora condizioni di lavoro migliori che non in Italia.
L'immigrato clandestino è divenuto agli occhi della cultura cattocomunista il titolare dell'attenzione pubblica. E vedo con interesse un giornalista intelligente come Piero Sansonetti applicare agli immigrati clandestini il vangelo di Matteo che riguarda le opere di misericordia: «Ero un lavavetri e non mi avete accolto»... Questo è Matteo, aggiornato da Sansonetti. E pensare che all'origine di Rifondazione vi è la lotta di classe, la protesta no global, il subcomandante Marcos del Chiapas... Quella di Sansonetti è un evoluzione profonda, non di piccoli passi ma un salto nella speciazione.
E qui veniamo all'altro grande agente del cattocomunismo, cioè la Caritas. La carità è diventata in Italia la fondazione dell'assistenza come forma del diritto. In questo vi è un'esorbitanza della Chiesa sullo Stato. Temi classici della dottrina sociale tradizionale come la connessione della persona alla libertà e alla proprietà sono venuti meno nel linguaggio cattolico. La Chiesa non può protestare se il governo italiano intende attuare, particolarmente nella città di Roma, una politica della libertà e della piccola proprietà che tuteli l'italiano comune dall'invasione dei rom: e soprattutto l'imposizione della compassione ai cittadini italiani. Il diritto di cittadinanza è, esso, a finire emarginato. Il diritto del cittadino è sottoposto al diritto dell'immigrato clandestino, in nome dei diritti dell'uomo letti dalla Caritas.
I diritti del cittadino e i diritti dell'uomo fanno parte della medesima storia, sono stati per la prima volta proclamati negli Stati Uniti da proprietari europei di terreni che usavano il lavoro schiavo dei neri importati per questo fine.
Bilanciare il diritto dell'uomo con il diritto del cittadino non è cosa ovvia: lo si vede nella storia americana. C'è voluta una sanguinosa guerra civile tra nord e sud per avvicinare i due diritti.
Ora il governo Berlusconi vuole finire con il privilegio dell'immigrato clandestino e ristabilire la nazione stato Italia nel possesso del suo territorio. Le Nazioni Unite e l'Unione europea nulla tolgono al diritto dello Stato sul suo territorio e al diritto del cittadino in quanto appartenente a una nazione.

Speriamo che il Partito democratico e il suo segretario accettino di abbandonare il buonismo e lo lascino agli antagonisti e ai «caritatevoli». La forma dello Stato è la giustizia, non la carità.
Gianni Baget Bozzo
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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