Il giustizialista Travaglio questa volta ha toppato

Un fulmine a ciel sereno, caro Granzotto: Travaglio frequentatore di mafiosi! Da non crederci, eppure è così. A denunciarlo non è il solito prezzolato giornalista di destra, ma il super democratico Giuseppe D’Avanzo de «la Repubblica», come ci ha rivelato Bracalini. È proprio vero che come diciamo noi romani de Roma «Er più pulito c’ha la rogna». Cosa ne pensa lei che lo ha conosciuto quando era al «Giornale» e che penso proprio gli abbia tolto il saluto?


Ma cosa va a pensare, caro De Angelis? Sono e resto amico di Marco Travaglio e questo pur non condividendo il suo giustizialismo, il suo penchant per le manette e il suo metodo, quel «metodo Travaglio» così spietatamente denunciato dal repubblicones Giuseppe D’Avanzo. Se non dovessi più rivolgere la parola a quanti non la pensano come me o a chi fa un uso garibaldino del giornalismo, mi negherei il piacere (e l’utile) della discussione, la quale implica il divergere delle opinioni. E allora sai che noia, sai che anchilosi cerebrale! Sì, Travaglio è nei guai e quei guai lì sono come le ciliegie, uno tira l’altro. Avendo contro la Repubblica e gli areopagiti del loft - come a dire il fior fiore della società civile e politica - ed essendo nel collimatore dei pretoriani della correttezza nell’informazione, presto si ritroverà asserragliato nella ridotta dell’Unità, le cui spingarde sparano, se non a vuoto, certo nel vuoto. Come poi si sia cacciato in questo incomodo contesto non saprei dire. Ma delle due, l’una: o per non aver saputo annusare l’aria o perché, annusatola, non gli piacque l’odore. Mi spiego: che ci fosse in giro una ferma volontà di cambiamento, di rimescolare il mazzo e ricominciare la partita con altre regole; che sia la politica come gli elettori si fossero stufati dell’identificazione dell’avversario in un nemico da abbattere, distruggere, annientare senza fare prigionieri; che il Paese, insomma, intendesse chiudere tre lustri di antiberlusconismo isterico da una parte e di comunisti che mangiano i bambini dall’altra era chiaro come il sole. Tant’è che le uniche forze politiche che non l’avevano capito sono state spazzate via o ridotte a ectoplasma, come è il caso dell’Udc di Casini.
Ebbene, che gli umori fossero quelli può non averlo afferrato anche Marco Travaglio. Càpita. L’essere giornalista non ti dispensa dal toppare. Toppò pure Montanelli, quando disse (quante volte Travaglio ha ripreso questa boutade?) che il Cavaliere «è una malattia da curare con un vaccino; una bella iniezione di Berlusconi ci renderà immuni». S’è visto.

L’altra spiegazione è che Travaglio, avendo capito tutto, intendesse boicottare - insistendo nel suo «metodo», buttar là un «fatto», come nel caso di Schifani - il rinascimento auspicato da Berlusconi e Veltroni e avallato dal corpo elettorale. Nel primo dei casi a Marco gli si può dare, al massimo, dello sprovveduto. Nel secondo, glielo dico in amicizia, del fesso.

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