Allacciate le cinture di sicurezza e poi dite «Trentatré». Da oggi cè qualcuno che può curare le vostre fobie al volante e farvi perfino ritrovare la dose di pazienza necessaria per sorridere della monovolume che procede lenta e incerta, ostruendovi la strada.
Niente più musi lunghi, improperi, gesti irripetibili se non allo specchietto retrovisore. Nel traffico delle vostre idiosincrasie si fa largo lo psicologo del traffico: «La psicologia può offrire il suo contributo - spiega Enrico Molinari, presidente dell'Ordine degli psicologi della Lombardia - al sistema traffico come già accade in alcuni paesi europei - Germania Svezia e Gran Bretagna in primis - dove è al servizio di enti locali e forze di polizia per formare personale e sviluppare nuove strumentazioni».
Quattro le macroaree di intervento: educazione stradale, efficacia e messa a punto di strumenti per il rispetto di leggi e limiti, collaborazione con le figure professionali del «sistema traffico» e sostegno psicologico dopo incidenti e nella comunicazione della bad news.
A livello universitario ancora non esiste un cursus autonomo, ma la psicologia del traffico è stata inserita come insegnamento facoltativo a Milano, all'Università cattolica del Sacro Cuore, dove da quasi un anno esiste un unita di ricerca.
Fra i primi obiettivi della task force meneghina c'è quella di progettare strumenti per valutare competenze e idoneità del neo pilota o degli utenti dei corsi di recupero punti. «La valutazione del rischio è nelle mani delle nostre emozioni - spiega Maria Teresa Ciceri, responsabile dellunità dellateneo -: servono strumenti tecnologici che rendano più familiari certe dinamiche, in modo da allenare la nostra concentrazione di fronte al pericolo».
Chiamatelo simulatore di guida, banalizzate con video gioco, ma nellera in cui ogni emozione deve essere riprodotta a video, anche questo può servire. «Attenzione ai videogiochi, però - avverte Ciceri -: i ragazzini oggi ne fanno largo uso, ma spesso la loro percezione del rischio ne esce distorta». I risultati di una ricerca campione condotta dallateneo fanno perlomeno riflettere: a ragazzi di scuole elementari e medie sono state mostrate ricostruzioni video di impatti terribili, ma molti hanno ritenuto, che anche gli scenari più tragici fossero privi di conseguenze, un po come al cinema.
Un altro aspetto allo studio del gruppo di esperti della Cattolica è la collaborazione con le scuole guida che a Milano è già in parte «on the road»: dalla sezione provinciale dellUnasca, unione nazionale delle scuole guida, è già arrivato un Sos, bello chiaro.
I metodi di insegnamento sono spesso obsoleti di fronte ad unutenza, per contro in continua evoluzione: «Registriamo sempre più clienti adulti e spesso stranieri - spiega Emilio Patella, segretario provinciale Unasca -: anche per questo il modo di insegnare deve cambiare e una figura professionale come quella dello psicologo potrebbe servire e non solo per gli esaminandi, ma anche per aggiornare gli ispettori». Per il futuro invece tutto da sviluppare è il rapporto fra psicologi e forze dellordine: un primo passo sarebbe quello di correggere alcuni metodi nella politica di repressione di reati e infrazioni: nel «mirino» degli psicologi del traffico, sono innanzitutto le procedure per punire la guida in stato di ebbrezza, inefficaci come dimostrano le statistiche sui corsi di recupero punti e sui troppi casi di recidiva. «Quello fra forze di pubblica di sicurezza e psicologi del traffico è il rapporto più stimolante», aggiunge Ciceri. Un'indagine della Cattolica sta studiando il ruolo che hanno le convinzioni del testimone di un incidente nella ricostruzione dei fatti. Gli psicologi ritengono che un'adeguata informazione circa la fallibilità della memoria possa aumentare poi la bontà della testimonianza rilasciata, facilitando quindi il lavoro di tutti, forze di polizia, inquirenti e soggetti coinvolti. Lobiettivo degli psicologi è rendere «scientifico» il modo in cui si raccoglie una testimonianza.
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