Politica

Gol: «Non c’è guerra più giusta di questa ma la sinistra ci odia»

L’ambasciatore uscente di Israele in Italia: «Ipocrita chi ci critica. Solo quando ci difendiamo nasce la questione umanitaria e della proporzionalità. L’80% degli ebrei appoggia l’intervento militare»

Mario Sechi

da Roma

La sua missione in Italia volge al termine. Ehud Gol, ambasciatore d’Israele in Italia, l’8 agosto tornerà in patria. «Sono felice di questi cinque anni trascorsi qui. Lascio l'Italia con un sentimento meraviglioso, una soddisfazione professionale e personale molto grande» dice al cronista che vede nei suoi occhi un velo di nostalgia e tristezza. Israele è in guerra e anche se per un diplomatico come lui vale l’insegnamento di Clausewitz che la guerra è la continuazione della politica, il fuoco del Medio Oriente è un pericolo chiaro ed imminente. Gol valuta positivamente «il dibattito di qualche giorno fa in Parlamento. È stato per me fonte di orgoglio e soddisfazione per la semplice ragione che la stragrande maggioranza del Parlamento si è schierata a fianco di Israele».
Ambasciatore Gol, cominciamo proprio da Montecitorio: le è piaciuto il discorso di Massimo D'Alema?
«No».
Perché?
«Credo che nel suo discorso non avrebbe dovuto criticare Israele. Non c'è stata guerra più giusta di questa che ci è stata imposta e ora siamo costretti a combattere».
D’Alema e altri esponenti politici dicono che la risposta militare di Israele è stata sproporzionata. Cosa si intende per proporzionalità?
«Veramente non capisco proprio il concetto: cos'è una partita di pallacanestro? Non soltanto in Italia, ma anche all'estero, sulla Cnn, la Bbc, Sky dicono che non c’è proporzionalità. Chi ci odia dice: sono stati uccisi duecento libanesi e solo sei israeliani. Cosa vuol dire proporzionalità per loro? Che non sono morti abbastanza israeliani? Tutti i paladini dei diritti umani che ora si scandalizzano e sono scioccati dai morti civili, fanno attenzione a quanti civili sono stati uccisi in questi giorni in Irak? Questa è un’ipocrisia terribile, arabi uccidono altri arabi nella maniera più barbara possibile, ma questo non costituisce un argomento interessante. Mentre quando gli ebrei difendono se stessi e combattono contro gli arabi che vogliono distruggere Israele, allora nasce la questione umanitaria e quella della proporzionalità».
Avete lanciato una vasta campagna militare e questo inquieta.
«Negli ultimi mesi, dopo l’uscita da Gaza, sono stati lanciati su Israele 1100 missili. Questo è proporzionale? Entrare in territorio israeliano e rapire soldati israeliani è proporzionale? Rapire due soldati e ucciderne otto è proporzionale?».
Anche il Vaticano vi ha criticato.
«Mercoledì c'è stata una terribile tragedia a Nazareth, due bambini arabi-israeliani sono stati uccisi da un razzo Katyuscia. Un razzo lanciato sulla città e qualsiasi cristiano sa cosa simboleggia Nazareth. Spero che il Vaticano si pronunci con la stessa forza contro questa barbarie... ma ho molti dubbi».
Vi siete ritirati da Gaza, il ritiro dalla Cisgiordania con la guerra è archiviato?
«In questo momento ovviamente non è più all'ordine del giorno il ritiro dalla Cisgiordania. Undici mesi fa abbiamo operato coraggiosamente il ritiro da Gaza, l'abbiamo fatto per Israele e abbiamo dato ai palestinesi un'enorme speranza. Solo se avessero colto questa opportunità, avrebbero potuto trasformare quella zona non in Hong Kong, ma in un mezzo paradiso. Anziché sviluppare l'economia, hanno eletto Hamas al governo e ripreso le attività terroristiche contro Israele».
Nell’estrema sinistra c’è chi non nasconde la sua simpatia per Nasrallah, il leader degli hezbollah.
«Ma ci sono anche molte persone della sinistra che sono al fianco di Israele. Hezbollah è un’organizzazione estremista nata nel 1982 con lo scopo di allontanare Israele dal Libano. Anche allora, la vita nel Nord di Israele era un inferno: attacchi terroristici, bombardamenti. Avevamo la necessità di respingere queste formazioni al di là del confine settentrionale. Hezbollah combatte da allora Israele. Oggi è guidato da Nasrallah, che è uno strumento del terrorismo nelle mani di Siria e Iran, i suoi finanziatori. Quando siamo usciti dal Libano gli hezbollah hanno continuato la loro attività e sei anni dopo la risoluzione dell’Onu sono ancora là».
Il problema è irrisolto, ma Rifondazione sostiene che la risposta militare lo aggrava.
«Dov’erano allora quelli che oggi criticano Israele? Il segretario di Rifondazione, Giordano, attacca quello che lui chiama “il governo di Tel Aviv”. È anche ignorante perché dovrebbe sapere che il governo è a Gerusalemme».
Cosa ne pensa della proposta di un intervento dell’Onu?
«La risposta è molto semplice: sei anni dopo le risoluzioni dell'Onu, la 425 prima e poi la 1559, cosa hanno fatto le Nazioni Unite? Ci possiamo fidare dell'Onu? Cosa faranno domani rispetto al nulla dei sei anni precedenti? Sei anni fa, sotto il loro naso sono stati rapiti dei soldati israeliani, Hanno chiuso gli occhi. Bombarderanno loro gli hezbollah? Mi fa sorridere tutto questo entusiasmo della sinistra estrema che è a favore della presenza italiana a Gaza e in Libano, mentre sono contrari alla missione in Afghanistan».
Vogliono la pace. O no?
«Queste persone non vogliono le forze militari per la pace. Parlano di pace ma sono contro la pace. Vogliono delle forze internazionali che impediscano a Israele di difendersi. La mia risposta è questa: no, grazie».
Lei punta il dito su Teheran, ma c’è chi ha proposto proprio la mediazione dell’Iran.
«La Rosa nel Pugno ha proposto la mediazione dell’Iran: è come se avessimo chiesto a Hitler di mediare».
Anche Prodi si è messo a fare il «facilitatore» con l’Iran.
«Non so se Prodi l’abbia fatto. Io so che chiedere all'Iran di mediare è come chiedere al gatto di custodire il topo. Ho sentito delle persone in Italia dire che non sono convinte sul ruolo di Iran e Siria nelle azioni degli hezbollah. Forse non credono a noi... allora chiamino il direttore dei servizi segreti italiani, Nicolò Pollari, e chiedano a lui».
Dubito che credano a Pollari.
«Se non si fidano di Pollari, chiedano agli americani».
Dubito anche che credano agli americani.
«E se non si fidano degli americani, chiedano al capo dei servizi segreti francesi. Lui spiegherà loro qual è il problema, come sono coinvolti nel terrorismo Iran e Siria».
Quanto sarà lunga questa guerra?
«Ieri sera ho parlato con un medico arabo-cristiano della città di Nazareth. Mi ha detto: “Ambasciatore, noi israeliani questa volta dobbiamo fare il massimo per finire questo lavoro, non possiamo lasciare questa missione incompiuta, dobbiamo distruggere l'infrastruttura degli hezbollah”. Secondo un sondaggio l’80 per cento degli israeliani è a favore dell’intervento militare».
Ma in Italia e in Europa non vi risparmiano le critiche.
«Chi critica Israele dovrebbe vivere in Israele non un anno, ma un solo giorno sotto la minaccia del terrorismo. La vita dei bambini in pericolo, la minaccia in agguato nei caffè, negli autobus. Così capirebbe cosa provano gli israeliani».
La formula critica è: azione legittima, ma sproporzionata.
«Il messaggio finale del G8, per la prima volta da anni, esprime comprensione per le necessità di sicurezza di Israele. Quasi tutti in Europa comprendono oggi che c’è un limite anche alla moderazione da parte dello Stato di Israele e ora mi attendo che l’Italia e l’Europa agiscano per inserire gli hezbollah nella lista delle organizzazioni terroristiche».
Giulio Andreotti ha detto: «Credo che ognuno di noi, se fosse andato in un campo di concentramento e non avesse da cinquant’anni nessuna prospettiva da dare ai figli, sarebbe un terrorista».
«Le parole di Andreotti mi hanno irritato più di qualsiasi altre. Non so cosa abbia fatto lui durante la Seconda guerra mondiale, ma certamente non è mai stato in un campo di concentramento. Non c’è nulla che faccia indignare noi israeliani più che il disprezzo delle vittime della Shoa, se fosse stato qualche volta nei campi di concentramento, saprebbe che cosa hanno passato gli ebrei. Quello che fa male è che già da cinque anni qui in Italia si celebra il giorno della memoria, il 27 gennaio, e un senatore rispettato come Andreotti ancora non riesce a comprendere che cosa è stata la Shoa. Nulla può essere paragonato alla Shoa.

Dire che noi israeliani mettiamo i palestinesi in campo di concentramento è ignoranza e anche malignità».

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