Golpe D’Alema a scoppio ritardato: «Il terrorista è Maroni»

La scossa, stavolta, è arrivata sul tavolo di Massimo D’Alema. La sua chiamata alle armi dopo l’allarme di un «complotto eversivo» denunciato dal Cavaliere, ha scatenato un’altra bagarre: «L’opposizione si prepari, ci saranno scosse al governo», aveva solennemente sibilato l’ex premier Ds davanti alle telecamere di Raitre domenica pomeriggio. Una larvata minaccia che non era andata giù al ministro dell’Interno Roberto Maroni (nel tondo). «Non vorrei che questa cosa detta da D’Alema - aveva detto lunedì il titolare del Viminale - fosse collegata alla ripresa di attività eversive che abbiamo scoperto nei giorni scorsi, quando abbiamo arrestato cinque brigatisti che volevano ricostruire la colonna romana delle Br. Anche perché D’Alema non parla mai a caso...».
Parole a cui i giornali ieri davano grande risalto. Ma l’equazione D’Alema-terrorista, nero su bianco, non è andata giù a tutto il Pd, scattato sull’attenti all’unisono «solo» con 24 ore di ritardo, come succede ogni qual volta che l’equazione sinistra-terrorismo echeggia nelle aule parlamentari o nelle redazioni dei giornali. «Ma quale Br, terrorista sarà lui», si lascia sfuggire D’Alema a metà mattinata, dopo la lettura dei quotidiani. E poi la sequela di «frasi gravissime», «parole inqualificabili», «accostamento indecente» e via indignando.
«Noi dirigenti del Pci le Br le abbiamo combattute pagando anche un tributo di sangue. Lui, Maroni, chissà che cosa faceva allora...» è stata la lapidaria chiusura di D’Alema.
Il partito, una volta tanto, gli è andato dietro, con il solito refrain: «Accostamento azzardato e pretestuoso» (Anna Finocchiaro), «parole sconcertanti» (Beppe Fioroni), «come i cavoli a merenda» (Pierluigi Bersani) fino al «realtà capovolta» del dalemiano di ferro Marco Minniti.
Ma a metà giornata anche il segretario reggente del Pd Dario Franceschini si è accorto come le parole di D’Alema fossero suonate come una specie di avvertimento. E ha iniziato a gettare acqua sul fuoco: «D’Alema parlava solo di scosse politiche, le sue erano solo valutazioni». Poi però ha rincarato la dose: «I ministri dell’Interno, prima di parlare devono pensare al ruolo che ricoprono e non si può immaginare, evidentemente se non per un calcolo politico, di scaricare su delle valutazioni politiche come ha fatto D’Alema, una accusa insopportabile e inqualificabile come quella. Ritiri quelle parole».
Il ministro leghista non ha replicato alle accuse del Pd. Ma in serata il leader del Carroccio Umberto Bossi è stato durissimo: «Se passasse il referendum e il partito unico - ha detto il Senatùr - a sinistra direbbero: “Ecco la prova che Berlusconi è un fascista, un criminale”. E non a caso Maroni ha infilato alcuni agenti dei servizi e della Digos.

Scoprendo che nel giro di sinistra hanno intenzione di ricostruire le Brigate rosse. Io l’ho detto a Berlusconi: “Stai attento”. Quando perdono le sinistre diventano cattive, ma davvero. Si dichiarano democratici però non accettano di perdere...».
felice.manti@ilgiornale.it

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